Napoli, rimborsi al consiglio comunale, la via di Fucito: «Sedute pomeridiane»

Napoli, rimborsi al consiglio comunale, la via di Fucito: «Sedute pomeridiane»
di Valerio Esca
Giovedì 7 Febbraio 2019, 09:58 - Ultimo agg. 11:16
4 Minuti di Lettura
Tra i rimborsi ai datori di lavoro, i rimborsi chilometrici, che pochissimi consiglieri richiedono perché residenti fuori comune, e i gettoni di presenza, l'aula di via Verdi costa alla collettività un milione e mezzo l'anno. Spese che gravano sulle casse di Palazzo San Giacomo (il tutto è normato dal Tuel, testo unico enti locali, agli articoli 80 e 86). «Rispetto alla totalità degli eletti dal popolo, i datori di lavoro che in questi anni hanno richiesto i rimborsi sono poco meno della metà, in relazione al numero dei consiglieri». A chiarirlo è il presidente del Consiglio comunale di Napoli, Sandro Fucito, che prova a fare luce sul caso dei rimborsi d'oro. E sui premi di produttività ai dipendenti chiarisce: «È il ministero dell'Economia che ha autorizzato questo trattamento».

È proprio necessario aggravare le spese dell'ente chiedendo rimborsi, soprattutto in quei casi dove le cifre siano diventate faraoniche dopo l'avvenuta elezione?
«Il rimborso al datore di lavoro consente ai lavoratori del privato di avere le medesime opportunità dei dipendenti pubblici. Per quanto riguarda invece le spese di viaggio parliamo di parva materia. Eventuali singole eccezioni non possono trascinare in cattiva luce l'intero Consiglio comunale. Faccio presente che la stragrande maggioranza dei consiglieri ha compensi minimi, e se vogliamo anche inappropriati ad una metropoli di un milione di abitanti come Napoli, e non gode ad esempio di fondi economali e dotazioni».

Non trova strano che alcuni consiglieri dopo l'elezione siamo passati da redditi minimi (in alcuni casi pari a zero) addirittura a redditi che sfiorano le sei cifre?
«Le cifre a disposizione sono sul costo lordo del lavoro, che è quasi il doppio dei redditi reali netti dei lavoratori. Se ci fossero anomalie andranno ovviamente approfondite, ma non da noi, che su questa materia abbiamo anche chiesto pareri all'avvocatura. Non abbiamo il potere di indagare eventuali casi particolari. Il tema resta politico e di ordine morale. Ricordo un'indagine della magistratura che non ha prodotto alcun esito una dozzina di anni fa».
Seppur siano pochi questi casi particolari non rischiano di allontanare ulteriormente i cittadini dalla politica?
«Qualora si tratti di cifre di rimborso poco plausibili, non veritiere e distanti dalla vita reale assolutamente sì, se invece consoni alla fatica o ai redditi dei cittadini non credo».

Lei, in quanto coordinatore Anci per i Consigli comunali italiani, sta preparando un pacchetto di proposte, che andrebbero a modificare le attuali norme che regolano la materia. Da dove nasce questa esigenza?
«Perché è tempo di aggiornare norme di 20 anni fa. I compensi non sono un tema, anzi. Basti pensare a quanto oggi sia svilito il ruolo del Consiglio comunale, in termini politici. L'anomalia è che vi sono compensi diversi pur a parità di popolazione. Come avviene per esempio tra Napoli e Torino, dove il sindaco guadagna quasi un terzo in più. Oltre alle giustificazioni delle assenze in caso di svolgimento dei Consigli comunali e delle riunioni di commissione, che a Napoli si basa sul tempo di durata effettiva della seduta. Sul tema rimborsi ai datori di lavoro, invece, segnalo che in Sicilia avviene entro limiti prefissati. In sostanza lavoriamo per creare sensatezza ed equità sui compensi degli eletti, visto che negli ultimi venti anni abbiamo ottenuto due riduzioni e sei mancati adeguamenti. Questo è il quadro nel quale è più facile far crescere il malcostume».

Quali i punti chiave della proposta di riforma al governo?
«Eliminare i gettoni e forfettizzare un fisso commisurandolo su un quarto dello stipendio del sindaco. Oggi infatti il calcolo, a Napoli, avviene sul raggiungimento dei 17 gettoni mensili per ogni consigliere. Altra ipotesi prevederebbe il prendere in esame la legge regionale siciliana, che assegna un quantum massimo sui rimborsi ai datori di lavoro. Poi sul modello di Milano bisogna considerare la possibilità di far riunire le commissioni consiliari soltanto il pomeriggio, dalle 14-15 in poi, tendenzialmente non in pieno orario lavorativo».

 

Mentre gli uffici comunali si svuotano le segreterie politiche si riempiono di distaccati. Non sarebbe il caso di mettere un freno a questa possibilità, visto che comunque deve essere l'amministrazione ad autorizzare il passaggio del dipendente?
«Complessivamente in verità i distaccati sono diminuiti rispetto al passato. Faccio presente che si tratta di poco più di un distaccato a consigliere comunale, che opera senza possibilità di collaborazioni esterne a differenza degli staffisti di Palazzo San Giacomo. Inoltre alcuni di questi distaccati sono impegnati addirittura con funzioni di ufficio, perché manca personale. Ad ogni modo se un consigliere non può neanche distaccare un dipendente, essendo costretto a lavorare senza un fiduciario esterno, come fa a svolgere il proprio mandato?».

Con la produttività di gruppo si distribuiscono 3,8 milioni di euro ai dipendenti comunali, in base al raggiungimento degli obiettivi, alla flessibilità dei lavoratori sui turni di lavoro e in qualche caso ci sono varianti come l'essere in divisa per i vigili urbani. Lei è stato assessore della giunta de Magistris: perché il Comune ha deciso di seguire dal 2013 questo percorso?
«È il ministero dell'Economia che ha autorizzato questo trattamento e poi parliamo di forme di salario accessorio, che ricadono nell'ordine di poche decine di euro per ciascun lavoratore. Temo piuttosto che non compensino i tagli ricevuti in altre poste, penso ai ticket o alle turnazioni per esempio. Rispetto a obiettivi riconosciuti alla dirigenza mi sembra materia iniqua».
© RIPRODUZIONE RISERVATA