Napoli, perché il conto salato dello scontro non va pagato dai cittadini

di Marilicia Salvia
Lunedì 27 Agosto 2018, 09:00
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La saggezza popolare dice che quando due litigano c'è sempre un terzo che gode, ma nel caso specifico qualcosa non ha funzionato perché, al contrario, dalla surreale furibonda lite in corso tra il sindaco De Magistris e il presidente del Napoli De Laurentiis stanno derivando nient'altro che disagi e disastri. Letteralmente disastroso è stato il dopo-partita per le migliaia di tifosi che, usciti dal San Paolo euforici e festanti per la remontada azzurra, sabato notte non hanno trovato neanche l'ombra di un mezzo pubblico che li riportasse a casa. Chiusa la stazione della linea 2 della metropolitana dei Campi flegrei, chiusa la Cumana, spariti i bus dell'Anm. Dalla festa alle imprecazioni il passo è stato breve, molto più lungo invece il cammino a cui tanti si sono sottoposti, bandiera arrotolata sotto il braccio e fazzoletto sulla bocca, per raggiungere il centro città passando a piedi sotto la galleria Laziale, nella speranza (vana) di trovare poi un taxi, un autobus per la stazione o la funicolare aperta.

Famiglie intere, anziani, bambini: tutti in fila indiana nel ventre più inquinato della città, o verso altre non meno disagevoli direzioni, il traffico di via Diocleziano, la salita che porta verso via Caravaggio e su fino al Vomero.

Un delirio insomma, uno scandalo per il quale nessuno, né dal Comune né dalla Società Calcio Napoli, ha sentito né sentirà il bisogno di chiedere scusa. Meglio nascondersi dietro gli alibi, meglio attingere all'infinito formulario dello scaricabarile. C'era una convenzione, aveva messo le mani avanti venerdì l'assessore Borriello, che metteva i trasporti del dopopartita a carico del club di De Laurentiis: il Comune non ha poteri su Cumana e linea 2, che sono rispettivamente di Eav e Ferrovie dello Stato, e il buco nero in cui è sprofondata l'Anm impedisce di pagare qualsiasi straordinario ai dipendenti. Sta di fatto che questa convenzione - certo anomala, in nessun'altra città italiana il dopopartita è faccenda della società di calcio - non esiste più, è scaduta, si è dissolta. E sulla nuova, che negli auspici del Comune dovrebbe confermare il sistema (presidente paga tu, che in cassa non abbiamo un centesimo) lo stato di tensione è quello di cui, dopo la pubblicazione avvenuta ieri delle invettive aureliane tramite inserzioni a pagamento sui giornali, è a conoscenza ormai non solo Napoli ma l'Italia intera.

L'estrema sintesi è che il Comune non paga, e il Napoli non vuole pagare. Paga invece, e a caro prezzo, il tifoso: paga uno stadio indecente, paga file, spintoni e lunghe attese per entrare sugli spalti, paga sediolini inaccostabili e bagni ai limiti della decenza, paga infine l'alternativa tra il parcheggio abusivo e la passeggiata notturna in galleria. Paga nel nome di una passione sconfinata di cui Comune e Società si stanno facendo beffe, dimenticando che ne muove molte altre: poche cose come il pallone possono decidere vincitori e vinti di altre partite, politiche o sociali ed economiche che siano. Attenzione: la posta in gioco è alta, e fra i due litiganti il terzo è il pubblico. E fa l'arbitro.
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