Il sogno di de Magistris: il consenso separato dai risultati

di Vittorio Del Tufo
Venerdì 23 Novembre 2018, 08:00
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La campagna d'autunno di De Magistris («Pronto a candidarmi alla guida del Paese: sono io l'anti-Salvini») cade nel momento in cui più evidente appare il divario tra i proclami politici del sindaco e i risultati raggiunti dalla sua amministrazione. I primi seguono la traiettoria del Sol dell'Avvenire: una retorica pseudo-rivoluzionaria a tempo pieno che si alimenta di attacchi più o meno quotidiani ai poteri forti, alle forze occulte del conservatorismo e alle potenze che si agiterebbero per distruggere Napoli, affamarla, ridurla sul lastrico. In questo De Magistris, ergendosi a paladino della città «sotto attacco», a defensor civitatis che manco San Gennaro o Virgilio Mago, ha un talento innato. Sa di poter continuare ad agitare il mantra del «come sono rivoluzionario io», puntualmente oscurando l'appannamento della sua azione di governo. Così la forbice continua ad allargarsi, complice anche una certa vacuità delle opposizioni: da una parte i proclami, dall'altra i risultati. Questi ultimi - dal disastro del trasporto pubblico a quello della manutenzione della città - restano sullo sfondo. A pagare il prezzo dei fallimenti sono i cittadini, in quanto abitanti del mondo reale. Dal punto di vista del sindaco, invece, basta non tenerne conto più di tanto e volare in alto, sempre più in alto. Così De Magistris resta calato in una dimensione simbolica, politica ed elettorale a tempo pieno, candidandosi (a mezzo stampa) oggi alle Europee, domani alle Regionali, dopodomani direttamente alla presidenza del Consiglio.

Sarebbe ingeneroso non riconoscere a DeMa una certa abilità - a prescindere dai risultati, anzi a dispetto dei risultati - nel soffiare sull'orgoglio della città, con l'obiettivo di cementarne il senso di appartenenza. Questa deviazione continua dal piano amministrativo (le cose fatte, le cose da fare) a quello politico-simbolico (il leader che sono, il leader che forse sarò) segnala tuttavia una profonda ingerenza della sfera «visionaria» e immaginifica nelle vicende amministrative. Chi detta l'agenda al sindaco: i sogni (le sue ambizioni personali) o la realtà?

Più di una volta abbiamo suggerito al sindaco di restare ancorato, almeno per il tempo che ci separa dalla fine della consiliatura, alla realtà amministrativa, senza inseguire disegni e traiettorie che al momento albergano solo nella sua testa. Dalla «città dell'amore che guarisce i depressi» alla «rivoluzione di popolo» è lungo l'elenco degli effetti speciali che DeMa continua a mettere in campo per stupire il Paese; salvo poi indulgere all'autoflagellazione quando c'è da battere cassa e chiedere soldi al governo, com'è avvenuto proprio ieri con la richiesta di fondi per mettere in sicurezza gli alberi che volano alla prima folata di vento. 

È interessante notare come, sul piano della narrazione simbolica, i risultati amministrativi non siano considerati più una discriminante, ma quasi un fastidioso accidente: irrilevante al fine della costruzione del consenso. Lo stesso stato comatoso della maggioranza che sostiene la giunta arancione - ormai frantumata in innumerevoli cespugli - non sembra impensierire più di tanto il sindaco; comincia a impensierire, invece, i cittadini, i quali chiedono solo che la terza città italiana venga governata senza distrazioni, ma con lo sguardo dritto sul presente.
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