Lo spalma-debiti alla Camera, de Magistris ora è (quasi) salvo

Lo spalma-debiti alla Camera, de Magistris ora è (quasi) salvo
Giovedì 6 Settembre 2018, 07:00 - Ultimo agg. 20:20
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Bilanci in rosso, 300 Comuni italiani sperano nel «Milleproroghe». Salvezza a portata di mano per i molti sindaci sparsi sul territorio nazionale (ma il 70% sono situati nel Mezzogiorno) alle prese con difficoltà finanziarie. Il Parlamento si prepara a votare, con l'ok compatto della maggioranza, un emendamento approvato in Senato e formulato dal senatore M5S, Ugo Grassi, grazie al quale gli enti locali che hanno presentato un piano di riequilibrio potranno ripresentare un nuovo Piano qualora non abbiano centrato i cosiddetti «obiettivi intermedi», ovvero l'abbattimento del debito.
 
In pratica l'emendamento mette un freno alla Corte dei Conti, che non potrà applicare sanzioni verso i Comuni inadempienti. Chiarissimo il testo. «Nell'anno 2018 si legge nella norma - qualora sia stato presentato o approvato alla data di entrata in vigore del presente decreto, un piano di riequilibrio finanziario pluriennale, rimodulato o riformulato, il comma 7 dell'articolo 243-quater del decreto legislativo 267 del 2000 si applica soltanto al nuovo piano definitivamente approvato dalla Corte dei Conti, senza che rilevi il mancato raggiungimento degli obiettivi intermedi fissati dal piano originario. Nell'anno 2018, non si applicano le norme vigenti in contrasto con quanto disposto». Anche il governo offre una sponda all'iniziativa. «La finalità spiega il sottosegretario all'Economia, Laura Castelli, - è quella di attivare un percorso di risanamento che non portino all'immediata dichiarazione di dissesto. Le nuove procedure devono essere finalizzate a risanare l'ente locale e quindi a consentire all'ente pubblico più prossimo al cittadino di ritornare ad erogare servizi efficienti». È soprattutto il Comune di Napoli, che ha un debito di 1,7 miliardi, ad attendere con ansia il via libera dell'emendamento. Che è stato aspramente criticato dalla Corte dei conti. «Consentire agli enti locali vicini al dissesto di rinviare la dichiarazione di default, potrebbe avere gravi conseguenze per la finanza pubblica» hanno avvertito nei giorni scorsi i magistrati contabili spiegando che i Comuni in dissesto potranno continuare la gestione «anche se è stato accertato che il piano di riequilibrio non è idoneo a raggiungere il suo risultato e che la situazione dell'ente si è aggravata». Di qui l'appello al Parlamento affinché bocci l'iniziativa. O quantomeno la corregga. «Non è opportuno questa la posizione della Corte avallare una situazione di accanimento terapeutico per gli enti ormai in default. Procrastinare l'inevitabile dichiarazione di dissesto preclude un effettivo risanamento che consenta all'ente locale di potere ripristinare celermente l'erogazione delle prestazioni costituzionalmente necessarie, con un bilancio stabilmente riequilibrato».

Come si diceva, Palazzo San Giacomo ha sul groppone 1,7 miliardi di disavanzo ma in saccoccia un patto politico con il M5S perché al netto della Magistratura contabile lo spalma-debiti passi anche alla Camera. Ma gli arancioni non ci stanno a passare per quelli che si salvano grazie a una legge ad hoc. E questo nonostante le colorite uscite dialettiche di de Magistris che addirittura preconizza una moneta parallela all'euro coniata in Partenope il non riconoscimento del debito in bilancio. In Comune il parere dei magistrati contabili è rintuzzato punto su punto. Per gli arancioni - questo il ragionamento - si tratta di un errore perché la norma già passata in Senato dice che i Comuni, che sono in un piano di rientro approvato entro il 2018, non vanno sottoposti a verifiche annuali sul raggiungimento degli obiettivi intermedi ma si valuta alla fine il raggiungimento del piano definitivo. Insomma per la giunta de Magistris le valutazione vanno fatto alla fine e non all'inizio soprattutto perché la norma dà la possibilità di spalmare il debito per-20-30 anni. Perché dunque la Corte dei conti deve valutare annualmente gli obiettivi intermedi il cui mancato raggiungimento mette automaticamente un Comune in dissesto anche per poche centinaia di migliaia di euro? Nella sostanza in Comune sostengono che un ente da un alto può rientrare dal debito in 20-30 anni e dall'altro può fallire dopo sei mesi cogliendo una contraddizione. E il sindaco che giusto 48 ore fa è stato a Roma per discutere di questi problemi probabilmente avrà dato una ulteriore spinta perché la norma venga approvata al più presto.
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