Napoliservizi in crisi, il manager: azienda senza più liquidità

Napoliservizi in crisi, il manager: azienda senza più liquidità
di Luigi Roano
Domenica 10 Marzo 2019, 09:00 - Ultimo agg. 11 Marzo, 07:11
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Non ci sono soldi per pagare gli stipendi e i fornitori: NapoliServizi è ufficialmente un'azienda in crisi, ha le casse vuote. Una situazione così insostenibile che ha fatto rompere gli indugi all'amministratore unico Andrea De Giacomo che ha chiesto - «ai sensi del Titolo V del Codice Civile» l'attivazione «delle procedure per lo stato di crisi». La decisione è stata comunicata con una lunga lettera - tra gli altri - al sindaco Luigi de Magistris e al capo di gabinetto Attilio Auricchio. Palazzo San Giacomo ora ha sette giorni di tempo per sanare la voragine nei conti superiore ai 50 milioni, e mettere dentro le risorse per approvare finalmente il bilancio 2017 bocciato dai Revisori dei Conti. Dopo la Bagnolifutura - fallita a giugno 2014 - Napoli Sociale inglobata proprio dalla NapoliServizi e probabilmente tra le cause del dissesto, e il prefallimento di Anm e del Caan, anche la multiservizi che gestisce il patrimonio immobiliare del Municipio napoletano è sostanzialmente in default, decotta e la responsabilità è dell'unico azionista che è appunto il Comune.
 
In maniera lucida e senza omettere proprio nulla, De Giacomo elenca 4 punti «a titolo esemplificativo e non esaustivo» in base ai quali l'unica cosa da fare è aprire lo stato di crisi formalmente. L'amministratore unico mette al primo posto la mancata approvazione del bilancio 2017, al secondo gli «insufficienti trasferimenti finanziari atti a garantire adeguata liquidità necessaria a fronteggiare gli obblighi contrattuali verso dipendenti, fornitori, tasse contribuenti e tanto altro». Al terzo punto, il fatto che il contratto di servizio dell'azienda scade a giugno e «non c'è certezza di continuità aziendale». Ad Asìa - invece - il contratto è stato fatto fino al 2033 e approvato dal Consiglio comunale un trattamento decisamente diverso. De Giacomo critica anche il modo in cui le risorse - poche - vengono trasferite all'azienda. E parla di «spacchettamento in 14 differenti capitoli assegnati direttamente ai servizi comunali fruitori delle prestazioni che di fatto mina l'unicità del contratto». Infine un quinto punto che riguarda «la non rimodulazione a novembre 2018 dei capitoli di spesa per renderli congruenti al piano delle attività». La lettera si conclude in maniera ancora più perentoria di quanto non lo sia all'inizio: «Vi comunico pertanto che - in caso mancato argomentato riscontro - procederemo inevitabilmente entro la settimana prossima a mettere in campo le congrue azioni». Che prevedono oltre al portare i libri in tribunale la convocazione dei sindacati «per illustrare lo stato di crisi che interesserà l'intero organico aziendale e avrà senza alcun dubbio forti ripercussioni nell'espletamento delle prestazioni».

La NapoliServizi - come tutte le aziende partecipate - vive di trasferimenti del Comune, senza questi è impossibile anche sopravvivere ed è quello che sta succedendo. Con il rischio che la multiservizi potrebbe rallentare la sua attività anche sulla dismissione del patrimonio. E questo può incidere pesantemente sul piano di rientro del debito complessivo di Palazzo San Giacomo che è di 1,7 miliardi. Un vero e proprio paradosso. Quello che preoccupa di più i lavoratori della NapoliServizi è la prospettiva dell'azienda che non appare affatto rosea: dalla scorsa estate il contratto è stato tagliato dall'azionista di ben dieci milioni: da 83 a 73. Con lo stesso contratto che scade tra tre mesi. I numeri fotografano bene la situazione. A oggi l'azienda deve saldare almeno 16 milioni di fatture ai fornitori - per non incappare in contenziosi che farebbero scattare il pignoramenti dei conti - e tra i fornitori c'è anche chi fornisce il bitume per riempire le tante buche nelle strade di Napoli. Come si arriva a 50 milioni di rosso? Per chiudere il bilancio 2017 - bocciato dai revisori dei conti - a NapoliServizi devono arrivare 4,2 milioni, un rateo dei trasferimenti che il Comune non ha versato all'azienda, più altri 3,6 milioni per la stabilizzazione di 60 lsu. Sono circa 8 milioni che aggiunti ai 16 fanno 24. Si diceva del contratto tagliato già ad agosto che deve essere rinnovato entro il 30 giugno con un altro rateo di 25 milioni.
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