Nomine Asl, De Luca ai giudici:
«Non so Mastursi di cosa parlasse»

Nomine Asl, De Luca ai giudici: «Non so Mastursi di cosa parlasse»
di Leandro Del Gaudio
Martedì 5 Marzo 2019, 10:30
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Non ha rinunciato a rispondere alle domande dinanzi ai giudici del Tribunale di Roma. È ritornato con la memoria a quei mesi cruciali del suo insediamento a Palazzo Santa Lucia - torrida estate del 2015 - quando la sua elezione a presidente della Regione era messa in discussione dal verdetto sulla sua incandidabilità ai sensi della Legge Severino (vicenda poi rimossa dall'assoluzione dello stesso De Luca). Eccolo il presidente della Regione, nel pieno del processo sulle nomine della sanità in Campania. Ottava sezione penale del Tribunale di Roma, Vincenzo De Luca risponde alle domande del penalista napoletano Francesco Cedrangolo, difensore di Guglielmo Manna, a sua volta indicato dalla Procura di Roma (dopo le indagini del pm napoletano Henry John Woodcock) come responsabile del tentativo di imporre la sua nomina a commissario Asl al governatore fresco di elezione. Un'ipotesi, quella legata a un presunto tentativo di condizionamento delle scelte amministrative, respinta in modo categorico dallo stesso De Luca. Ha spiegato ieri il governatore campano: «Ho sempre scelto in autonomia, valutando le capacità professionali. In merito alle nomine dei direttori sanitari non mi sono mai arrivate segnalazioni né raccomandazioni: su questo piano non si contrattava. Avevamo ereditato una Regione che sprofondava nei debiti, l'orientamento era quello di evitare il mercato politico delle nomine dei direttori sanitari, nessuna contrattazione sul punto».
 
Parla da testimone, dopo che la sua posizione è stata archiviata in modo definitivo su richiesta dello stesso procuratore romano Giuseppe Pignatone, ripercorrendo le tappe di un interrogatorio messo agli atti un paio di anni fa. Ricordate la storia dell'inchiesta che scosse Palazzo Santa Lucia? Indagine per induzione indebita, siamo nei primi cento giorni del governo di De Luca alla Regione, quando scoppia una sorta di terremoto. Secondo la ricostruzione della Procura di Napoli (accolta dai pm di piazzale Clodio), l'avvocato Guglielmo Manna (all'epoca consulente presso il Santobono) avrebbe provato a fare leva sul ruolo della moglie, il giudice civile Anna Scognamiglio, a sua volta componente del collegio che avrebbe dovuto giudicare De Luca nella storia della Severino. In sintesi, Manna sarebbe entrato in contatto con altri esponenti dell'entourage di De Luca, offrendo una sorta di partita di scambio: la certezza dell'assoluzione, con la conferma della sua agibilità politica, in cambio di una nomina a manager, secondo quanto sarebbe stato suggerito dal fitto chiacchiericcio intercettato tra lo stesso Manna e alcuni intermediari politici. Ieri, De Luca ha invece smentito qualsiasi contatto da parte di Manna o di altri soggetti esterni al suo staff. Dinanzi ai giudici del Tribunale di Roma, ha affermato di «non avere mai conosciuto» i coniugi Scognamiglio e Manna. Anzi. In questa storia, lo stesso governatore ha sempre ribadito di aver vissuto quel periodo legato alla sua decisione sulla Severino con una certa tranquillità, consapevole della legittimità della propria candidatura e nella convinzione di una assoluzione in sede penale nel processo che lo vedeva coinvolto a Salerno (sopraggiunta di lì a qualche mese). E in merito a Nello Mastursi, ex capo segreteria di De Luca, già condannato a un anno e mezzo dal gup di Roma, ha aggiunto che «non aveva alcun potere nelle nomine. Non so con chi parlasse ma a me non ha mai indicato nessun nome», ha infine concluso De Luca. Prossima udienza il quattro aprile, quando avrà inizio l'esame degli imputati, tra cui lo stesso Manna, Brancaccio, Poziello e Vetrano.
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