Per ora l'unica erogazione del Patto per Napoli risale al 10 agosto - cioè a 50 giorni dalle elezioni politiche svoltesi il 25 settembre - e ammonta a 54 milioni e 151mila euro, da allora da Roma e da Palazzo Chigi solo silenzio. Se si considera che il Patto è stato firmato ad aprile, quindi 8 mesi fa dall'allora premier Mario Draghi, si può ben immaginare perché in Comune serpeggi una malcelata preoccupazione. C'è stato il cambio del Governo - questo il ragionamento - da Draghi considerato «un Governo amico» a quello della presidente Giorgia Meloni di segno molto diverso non fosse altro per la Lega che anche all'epoca del varo del Patto che vale per decine di grandi e grossi comuni, non è che fu così morbida. Il Patto nasce per non far fallire gli enti locali - Napoli ha la situazione più delicata - che hanno un debito pro capite superiore o pari a 700 euro. Palazzo San Giacomo ha sul groppone 5 miliardi di debiti che si compone così: 2,3 miliardi di disavanzo, cioè di entrate, 1,7 di debito finanziario e «componente in conto interessi di debiti contratti fino al 2043 per circa 1 miliardo». Insomma gli interessi sono quasi alti quanto il debito finanziario.
La sostanza è che il Patto è sostanzialmente a zero e non decolla.
Sono sette gli impegni a cui il Comune deve ottemperare perché l'erogazione dei fondi da parte del Governo - se l'esecutivo attuale non cambia le regole di ingaggio - avvenga. Quali sono gli impegni da rispettare? Come sta messo Palazzo San Giacomo? «Incremento della riscossione; valorizzazione del patrimonio; riorganizzazione della struttura amministrativa; incremento dell'addizionale comunale Irpef a partire dal 2023, con una variazione iniziale pari allo 0,1% ed esenzione per le fasce di reddito inferiori a 12mila euro; introduzione di addizionale sui diritti di imbarco portuale e aeroportuale; razionalizzazione delle partecipate; incremento degli investimenti pubblici e privati a partire dall'impegno a reperire ulteriori risorse finanziarie pari almeno ad un quarto di quelle assegnate dallo Stato - si tratta di circa 325 milioni per il periodo 2022-2042, ovvero 16,2 milioni all'anno». Procediamo con ordine di questi sette punti l'unico non decollato è il piano di razionalizzazione delle aziende partecipate, il Comune ha chiesto una proroga facendo slittare il termine di ottobre a «entro il 30 dicembre» per la sua presentazione proroga accettata dall'esecutivo. Ci sono dubbi sulla super Holding che il Municipio vorrebbe mettere in campo per razionalizzare i servizi. Creare una simile struttura - per dirla tutta - richiede tempo - e una specifica organizzazione. Per il resto Palazzo San Giacomo con l'assessore Pier Paolo Baretta si è mosso. A chiarire lo stato dell'arte è Gaetano Vecchione, docente alla Federico II di economia che fa parte del «Tavolo politico-tecnico del Patto per Napoli voluto dallo stesso Baretta. «Durante questo primo anno - si legge nel documento - l'amministrazione Manfredi ha lavorato alla messa in sicurezza della città, operazione che è stata di recente certificata anche dall'agenzia di rating Fitch». In questa cornice «È stato pubblicato il bando di gara per la gestione della riscossione, per l'affidamento delle attività di accertamento e contrasto all'evasione per Imu e Tari e per la realizzazione di una infrastruttura tecnologica integrata per la gestione dei tributi, dell'anagrafe e dei servizi finanziari. La gara è in svolgimento e si prevede una nuova gestione» a partire dai primi mesi del 2023. Quanto al patrimonio immobiliare è stato istituito un fondo immobiliare gestito da Comune e Invimit (società del Mef) «L'obiettivo non è quello di alienare il patrimonio, ma piuttosto di metterlo a frutto attraverso locazioni e concessioni in grado di attivare processi di rigenerazione urbana». Sul fronte della macchina amministrativa sono fatti due concorsi che porteranno a Palazzo San Giacomo 1400 nuovi assunti e altri 500 in Asìa. L'incremento dell'Irpef e l'introduzione dell'addiziona aeroportuale e portuale si avrà a partire dalla prossima manovra di bilancio. Insomma, fatta eccezione per il piano delle partecipate Palazzo San Giacomo si è portato avanti con il lavoro e aspetta risposte da Roma perché a oggi l'unico sfogo per fare investimenti è il Pnrr dove Napoli si è fatta già approvare progetti per 850 milioni.