Pd Campania, Cascone fuori dai votanti:
De Luca si infuria, scatta il dietrofront

Pd Campania, Cascone fuori dai votanti: De Luca si infuria, scatta il dietrofront
di Adolfo Pappalardo
Giovedì 5 Maggio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 6 Maggio, 07:27
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Non c'è pace nel Pd campano. Non solo le lancette dell'orologio ferme, inesorabilmente, al 21 marzo scorso quando si dimise il segretario Leo Annunziata ma anche i pasticci per venire a capo di surroghe e regole varie per trovare l'intesa su un sostituto. Intesa, per inciso, lontanissima. E, infine, ci si mettono anche gli incidenti di percorso a scaldare gli animi. Come l'altra sera quando si riunisce la commissione regionale di garanzia per verificare chi abbia titolo per sedere (e votare) nell'assemblea regionale e nell'opera di repulisti viene cancellato anche Luca Cascone, consigliere regionale e capo della commissione trasporti ma soprattutto fedelissimo deluchiano. Apriti cielo: a palazzo Santa Lucia dove la vicenda viene bollata come un affronto. Colpa di un'interpretazione molto ortodossa dello statuto del partito che prevede la cancellazione per chi si candida con altre liste, anche se in questo caso è quella del governatore (De Luca presidente). E ieri la commissione si riunisce in fretta e furia per riparare l'errore e reinserire il consigliere salernitano.

Basterebbe questo per far capire come sia ormai colmo il vaso di veleni e sospetti tra le varie correnti. Ed anche un incidente banale rischia di fare da detonatore ad un clima incendiario. Colpa del cul de sac in cui si è infilato il cerchio magico deluchiano convinto di chiudere l'avvicendamento di Leo Annunziata nel giro di qualche giorno con la nomina di Stefano Graziano. Senza aver fatto i conti però con le forze a disposizione. Perché contro Graziano si sono messe contro praticamente tutte le aree del partito. Compresa Base riformista a cui iscritto Piero De Luca, vice capogruppo Pd alla Camera e primogenito del governatore. Impossibile o quasi, quindi, chiudere con un accordo largo come chiede il segretario nazionale Enrico Letta. Che, per inciso, ha sempre in testa l'idea che o ci si muove a votare un nuovo segretario o interviene Roma con un commissariamento. Che poi, dopo l'inchiesta giudiziaria che si è abbattuta su Nicola Oddati, dirigente regionale nominato da De Luca e responsabile nazionale delle agorà, quell'idea di mandare un commissario viene ora rivalutata con più forza. Eppure la soluzione è alla portata di mano. Chi ha posto il veto su Graziano non avrebbe alcun problema a votare un altro nome. Uno su tutti, l'attuale presidente regionale del partito Nicola Landolfi, fedelissimo deluchiano anche lui ma considerato da tutti un dirigente di partito di grande esperienza e soprattutto capace di essere equidistante. O, in alternativa, l'ex segretario napoletano Gino Cimmino o Rosetta D'Amelio, ex presidente del consiglio regionale. «Uno di questi nomi lo voteremmo subito e potremmo chiudere questa vicenda del segretario.

Perché impuntarsi solo su quel nome?», si domandano nel partito alla vigilia di un turno di amministrative che non sono poi una passeggiata. 

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L'unico modo per uscire dall'impasse. Perché nessuno ha i numeri per battere la controparte. Troppo risicati quelli in assemblea che, dopo le cancellazioni per mancanza di requisti, hanno portato i membri a 117 (anzi 118 con il reinserimento di Cascone) rispetto ai 225 che erano. Appena 4 in più del quorum necessario eleggere non solo il segretario ma anche per procedere alle surroghe. Infine il Pd registra un rientro: l'altro giorno si è iscritta alla sezione di Chiaia, Annamaria Carloni, ex senatrice. E moglie di Antonio Bassolino, proprio l'acerrimo nemico del Pd alle ultime comunali. 

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