De Luca, prove di corrente dalla Campania:
il governatore chiede più attenzione al Sud

De Luca, prove di corrente dalla Campania: il governatore chiede più attenzione al Sud
di Adolfo Pappalardo
Martedì 16 Marzo 2021, 00:00 - Ultimo agg. 23 Marzo, 11:18
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L’idea iniziale era quella di proporre un documento politico. Qualcosa che rimarcasse specificatamente il dna campano tra le varie sottoscrizioni arrivate in appoggio al nuovo segretario nazionale del Pd eletto domenica. A palazzo Santa Lucia ci hanno lavorato sino a sabato pomeriggio con l’intenzione di marcare le distanze dal resto del popolo democrat. Poi alla fine si preferisce soprassedere: non era domenica il giorno adatto per tenere a battesimo quella che sarebbe risultata l’ennesima corrente del Pd. Ma è il segnale che il governatore De Luca vuole ritagliarsi uno spazio all’interno del partito, tornare ad occuparsene per rimarcare distanze e far pesare una certa insofferenza del Mezzogiorno verso i vertici democrat. 

Tra venerdì e sabato i cellulari di palazzo Santa Lucia, tra telefonate e chat, sono diventati roventi. Sul tavolo il progetto deluchiano di dare un segnale preciso, mettere in campo una sorta di mozione tutta campana e trasversale alle correnti esistenti. Un qualcosa di strettamente deluchiano da portare nell’assemblea che ha eletto Enrico Letta. Regista dell’operazione Piero De Luca, il primogenito-deputato del governatore, che faceva pressing. D’altronde a palazzo Santa Lucia, nel cerchio ristretto deluchiano, è noto che con Letta ai vertici del Pd non ci sono grandi margini di manovra. Non c’è più Nicola Zingaretti con cui, tramite il coordinatore della sua segreteria Nicola Oddati, si era instaurato un canale di comunicazione privilegiato. E con Letta è più difficile costruire qualcosa se ai tempi del suo governo i rapporti con De Luca sono stati sempre astiosi. Per questo serviva una manovra per uscire dall’angolo, differenziarsi e far sentire un certo peso sull’assemblea dei delegati. 
E sul documento campano ci sarebbero dovute essere almeno una trentina di firme di altrettanti delegati.

Scontate quelle dei consiglieri salernitani come Picarone o Cascone o del sindaco di Capaccio Paestum Franco Alfieri, per qualche ora si è cercato di coinvolgere altri consiglieri regionali o alcuni uscenti. A cominciare da Gennaro Oliviero, passato sul fronte deluchiano, o del capogruppo Mario Casillo passando per gli ex Stefano Graziano, Nicola Marrazzo, Enza Amato e Rosetta D’Amelio o a sindaci come Giorgio Zinno o Vincenzo Ascione. A loro era stato chiesto di muoversi e far muovere i loro delegati eletti nel 2019 in assemblea e far firmare una bozza di documento.

Ci sarebbero dovute essere queste firme tra le 600 arrivate a Roma in favore di Letta. Poi, improvvisamente, sabato pomeriggio tutto si ferma. Si smorza l’iniziale entusiasmo quando qualcuno fa notare che non è il momento. Certo il documento è in favore di Letta ma in una giornata di festa verrebbe visto come (ma lo è) la nascita di una nuova corrente tutta deluchiana. E, quindi, una sorta di strappo che non si addice al clima di unitarietà che il pd, tutto sommato, si è imposto con l’arrivo di Letta. Un segretario, poi, chiamato proprio per cercare di mettere un freno alle correnti e alla balcanizzazione del partito. Non è il caso, insomma. E alla fine i delegati si limitano a sottoscrivere singolarmente, domenica mattina, l’appoggio al nuovo segretario.

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Ma il risiko deluchiano non si ferma certo qui. Anzi. Perché nella testa del governatore della Campania c’è l’idea di affrancarsi, di muoversi finalmente in maniera più autonoma all’interno del partito e, ovviamente, pesare di più. Ma per farlo ha capito che non basta il contenitore campano ma serve costruirne uno nuovo, allargando e coinvolgendo altri esponenti del Mezzogiorno. Perché vuole rimarcare, anche all’interno del partito, una certa insofferenza nei vertici romani che, a suo dire, non si occupano abbastanza di Sud. E, anzi, nella formazione del nuovo governo Draghi il Pd non è riuscito a imporre esponenti del Mezzogiorno. De Luca rimane infatti convinto che serve muoversi non solo come governatore (assieme ai colleghi) ma anche come esponente democrat all’interno del Pd. Per evitare, è il suo pensiero, che alla fine possa imporsi una linea di amministratori, vedi Stefano Bonaccini e Giorgio Gori, del Nord che non esita a flirtrare con la Lega per alcuni argomenti. 

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