Alla fine, come era prevedibile, dal Nazareno arriva lo stop. Perentorio. Perché o si trova un accordo su un nome che raccolga i consensi della maggioranza del Pd, e non ci siano strappi, o altrimenti interviene Roma. Leggi commissario, quindi.
È la diga che ieri viene messa al blitz deluchiano che puntava a un'assemblea lampo, già in questo fine settimana, per procedere ad una semplice sostituzione del dimissionario Annunziata con Stefano Graziano alla guida della segreteria regionale dem. Ma i numeri, conti alla mano, nell'ennesimo terremoto del Pd non sono a favore né del gruppo che fa capo al governatore, né ai suoi antagonisti. E se nel marzo 2019 il deluchiano Annunziata passò superando di poco il 50 per cento, stavolta si cerca qualcuno che sappia ricompattare il partito.
Non all'unanimità ma almeno con una soglia di maggioranza credibile e compatta. Specie se, in queste ore, contro De Luca si è innescato un attacco di un gruppo di intellettuali con un manifesto. Un appello (si presenta oggi al Pan), che continua a raccogliere firme (ieri si aggiunge anche l'economista Emanuele Felice), e preso molto in considerazione dal segretario nazionale ansioso di vedere una svolta nel partito campano.
Sono due giorni che a Santa Lucia gli uomini del governatore si arrovellano a come portare voti d'assemblea dalle parti di Graziano. Ma, gira e rigira, non c'è quella maggioranza ampia che vuole il segretario Letta. Si proverà sino alla fine, certo, ma è difficile ricomporre un'assemblea di un partito spappolato che non si è mai riunito. Senza contare come tre anni in un partito politico sono un'altra era geologica. E ancora ieri sera non si era riusciti a ricomporre l'anagrafe dei 240 delegati. Serve infatti procedere all'eliminazione, uno per uno, di chi si è sparpagliato tra Italia Viva, Azione o ha appoggiato Antonio Bassolino. E, ancora, chi non ha rinnovato la tessera. E per ognuno di questi, scorrere l'elenco, e procedere alla sostituzione con un altro nome dello stesso genere. Un uomo con un uomo e una donna con un'altra donna della stessa lista della mozione congressuale. «Si deve sostituire quasi un terzo dell'assemblea. Non è un'anagrafe ma un sudoku...», scherza ma non troppo un funzionario alle prese con gli elenchi avvertendo i deluchiani, ieri al partito di via Santa Brigida dopo molti mesi, come tutto non sarà una passeggiata. Anzi.
Anche per questo è difficile fare la conta dei due schieramenti. Perché esclusi i delegati di Salerno, ovviamente compatti, sulle scelte deluchiane, il resto dei voti rimangono un enigma. Prendi Caserta, ad esempio, che esprime 23 delegati: ebbene 10 sono dell'area riferibile al governatore ma 13 sono appannaggio di Gennaro Oliviero, presidente del consigli regionale, contrario che Graziano, un altro casertano, prenda il volo. Magari alle prossime politiche. E così Benevento dove i delegati sono tutti, o quasi, fedeli a Umberto del Basso de Caro, antideluchiano doc. Mentre la federazione di Avellino, dopo l'ultimo congresso, è diventata una sorta di terreno neutrale diviso tra deluchiani e il parlamentare sannita. Rimangono, infine, i delegati napoletani che sono quasi la metà dei delegati regionali. E qui non sembra passare l'ipotesi Graziano. Contrari i gruppi afferenti ai due ministri Orlando e Franceschini. Così come una parte dell'area Riformista e un gruppo di parlamentari e consiglieri regionali che, per ora, preferiscono non esporsi troppo. Nulla contro Graziano, sia chiaro, quanto il metodo: forzare la mano e imporlo con un voto in assemblea sempre dallo stesso gruppo che ha eletto l'ex segretario, anzitutto. Perché nessuno vuole si ripetano gli errori. E su Graziano, nome gradito e sussurrato da Letta, in molti fanno pesare la troppa vicinanza al governatore che l'ha ripescato con una consulenza dopo la mancata elezione. Ma il partito è diviso e l'accordo lontano. E in molti prevedono che, alla fine, arriverà un commissario.