Pd Napoli, pressing per Graziano
da Roma ma c'è stop dai deluchiani

Pd Napoli, pressing per Graziano da Roma ma c'è stop dai deluchiani
di Adolfo Pappalardo
Giovedì 24 Marzo 2022, 08:36
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Alla fine le due vicende si tengono eccome. Da un lato, al Pan, si riunisce il gruppo di intellettuali che ha firmato il manifesto anti De Luca; dall'altro, nelle stanze del Pd, si cerca di trovare un sostituto al dimissionario segretario regionale dem Leo Annunziata. E se il primo gruppo va comunque avanti, il secondo si è infilato in un cul de sac difficile ad uscirne. Ed entrambe le vicende sono seguite dal segretario nazionale del Pd Enrico Letta ansioso di riportare la calma nelle acque agitate campane.

Al Pan, ieri pomeriggio, si riunisce, per la prima volta in pubblico, il gruppo di animatori dell'appello a Letta. «Dobbiamo dargli atto di essere il primo segretario ad aver interrotto il silenzio dei gruppi dirigenti sull'ex sindaco di Salerno», puntualizza subito Isaia Sales, ex sottosegretario ed antideluchiano doc, tra i promotori del manifesto. Ed è lui ad usare le parole più forti contro l'ex governatore. Mentre plaude a Manfredi. Già perché nel frattempo a Salerno è stata bloccata la presentazione di domani al Convitto nazionale del libro di Aldo Schiavone (firmatario del manifesto e ieri al Pan) e Galli della Loggia («Una profezia per l'Italia. Ritorno al Sud»). «Il rettore ha annullato l'iniziativa spiegando che nel cda sono presenti il Comune, la Provincia e il Miur e dopo gli articoli sui giornali per l'appello ha ricevuto apposite segnalazioni a proposito di questa iniziativa», spiega Luciana Libero. Prende la palla al balzo Sales che ringrazia invece Manfredi «per aver concesso la sala: fa parte dell'emergenza democratica anche presentare un libro o un'iniziativa e il libro di Schiavone è pericoloso. Le pulsioni antidemocratiche fanno parte della vicenda De Luca e del suo clan». E poi va giù duro accostando il governatore ai sistemi criminali: «Non immaginavo di trovare assonanze tra clan malavitosi e clan in politica su legami di sangue, radicamento territoriale e protezione degli accoliti». In mezzo una proposta di legge contro il terzo mandato che avanzano tutti i relatori, a cominciare dal costituzionalista Massimo Villone.


Ma all'incontro di ieri non potevano non entrare le vicende della segreteria regionale. «Per noi l'emergenza democratica è data anche da alcuni episodi come la nomina del segretario regionale», sottolinea sempre Sales. «Se il Pd vuole recuperare il suo percorso democratico - aggiunge il costituzionalista Marco Plutino - deve mettere in campo percorsi più inclusivi per la scelta del nuovo segretario regionale».

E, infine il parlamentare dem del Basso de Caro che, impegnato alla Camera, spedisce una lettera letta in sala. E qui boccia l'ipotesi Graziano: «Dopo quello che è accaduto occorre rifondare il partito non provare a fare un semplice ritocco».

Ci sta provando il Pd ma la situazione è in completo stallo. Il nome su cui si è puntato è quello dell'ex parlamentare Stefano Graziano. Persona stimata dal segretario nazionale Letta che lo volle sottosegretario e gli rinnovò, appena insediato al Nazareno, l'incarico di commissario del Pd in Calabria (e lì ha ricostruito il partito e l'ha portato al congresso a gennaio). Nome su cui punta anche il governatore De Luca. Sulla carta sarebbe l'ideale punto di caduta. Ma attenzione perché sempre Letta ha posto una condizione essenziale sul suo nome: la massima unità e non una risicata maggioranza che superi di poco il 50 per cento dei delegati e che svolga le funzioni di traghettatore da qui alle prossime politiche. Condizione che vale anche su un altro nome, ma è quasi impossibile, che potrebbero fare i campani. L'imperativo, insomma, è riunire il partito. E sarà sempre Roma a verificare che ci sia un accordo ampio prima dell'assemblea che continua a slittare. Altro che questo fine settimana come voleva qualcuno. Perché il partito rimane spaccato e nessuna delle forze in campo riuscirebbe a spuntarla. E se non c'è un accordo c'è solo l'ipotesi di un commissario (e non il parlamentare Paolo Siani, come sussurra qualcuno, che non ha la tessera del Pd) che nominerebbe Roma. O, paradossalmente, si fa strada anche l'ipotesi più estrema: un ritiro delle dimissioni di Annunziata ma, a questo punto, cambiando il resto del gruppo dirigente.

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