Primo maggio, la protesta degli operatori del turismo a Pompei: «Che a morire sia il Covid, non il lavoro»

Primo maggio, la protesta degli operatori del turismo a Pompei: «Che a morire sia il Covid, non il lavoro»
Sabato 1 Maggio 2021, 13:19 - Ultimo agg. 2 Maggio, 10:10
3 Minuti di Lettura

Dagli imprenditori che gestiscono le strutture ricettive ai lavoratori stagionali, dagli chef stellati agli operatori del trasporto turistico: sono scesi in piazza questa mattina a Pompei per rappresentare il disagio di un comparto che in Campania prima della pandemia era uno degli elementi trainanti dell'economia regionale se è vero che, secondo un'analisi promossa dall'istituto di ricerca su innovazione e servizi per lo sviluppo del consiglio nazionale delle ricerche e presentata alla Borsa Mediterranea del turismo di Napoli nel 2019, nel 2018 gli arrivi e le presenze sono aumentati del 7,7% e del 3,3%, che in valore assoluto corrispondono rispettivamente a circa 6.075 milioni e 21.132 milioni.

Oggi cinque «piazze forti» della proposta turistica campana (Pompei, Amalfi, Capri, Ischia e Sorrento) hanno voluto fare sentire la loro voce.

L'hanno fatto con un presidio tenutosi sotto la sede del Comune di Pompei, a ridosso del santuario della città mariana, per spiegare che la «filiera turistica scende in pizza per il sostegno alle famiglie, la dignità dei lavoratori di tutto il comparto e del trasporto turistico» con l'obiettivo di arrivare ad una «ripartenza in sicurezza».

Video

«Salviamo la stagione, che nessuno resti indietro» il messaggio contenuto in un volantino che ha portato a Pompei quasi 150 operatori del settore turistico delle cinque città della Campania: ripartenza sicura, certezza sui ristori e campagna vaccinale gli argomenti principali.

Tanti gli striscioni preparati per l'occasione dai manifestanti: «Inglesi, americani e tedeschi aspettano segnali credibili - è scritto in uno di questi - per venire da noi. Diteci pubblicamente cosa state facendo! Senza vaccini non si lavora: dateci i vaccini (organizzeremo noi il resto)». E ancora: «Chiusure alle ore 23 e poi alle 24? Si può fare, applicando controlli rigidi e sanzioni severe» e «Che a morire sia il Covid, non il lavoro».

© RIPRODUZIONE RISERVATA