Per esserci, c’è. La sensazione però, con rare eccezioni, è quella di una consuetudine, di “una ritualità” per dirla con Luca Bianchi, direttore generale della Svimez. Non è un caso che i programmi elettorali dei partiti non presentano differenze sostanziali quando parlano di Mezzogiorno. Come, cioè, se nemmeno il Pnrr fosse riuscito a garantire a questa parte del Paese la centralità che le spetta persino di diritto non solo perché senza la riduzione del divario nessuna ripresa potrà mai essere possibile ma anche perché è la condizione arretrata del Mezzogiorno ad aver convinto Bruxelles a destinare all’Italia la maggiore quantità di risorse del Next Generation Eu.
A leggere invece i testi dei singoli schieramenti si rafforza la convinzione di un’occasione in gran parte sciupata, per tatticismi da consenso forse, ampiamente prevedibili (ma non per questo meno deludenti). Il Sud rimane in gran parte quello di sempre, “abbandonato a se stesso” scrive Marco Damilano. Al punto che l’unica, evidente divergenza di valutazioni riguarda l’annosa e finora irrisolta questione del Ponte sullo Stretto di Messina.
Per il resto l’agenda degli impegni annunciati dai partiti in chiave Mezzogiorno richiama, con accenti spesso prevedibili e un occhio rivolto sempre alle convenienze elettorali, i temi più attuali a proposito della riduzione del divario. Potrebbe fare eccezione per la verità anche il Pnrr che ovviamente non è destinato solo al Mezzogiorno ma che di esso determinerà comunque fortune o disillusioni avendovi riservato per legge 80 miliardi. Il centrodestra parla espressamente di “revisione” del Piano senza chiarire per ora se si tratta di una richiesta di proroga dei tempi concordati con l’Ue, di una rimodulazione dell’impianto o di una sistemazione dei progetti oggettivamente difficili da completare entro il 2026 per via del caro-energia e delle conseguenze economiche della guerra in Ucraina. Di segno diametralmente opposto centrosinistra, Terzo Polo e Movimento 5 Stelle, con sfumature quest’ultimo meno intense per la verità. Non ci sono ovviamente disparità di giudizio sull’esigenza di prorogare e rendere strutturale la decontribuzione Sud, la fiscalità di vantaggio che permetterà fino a fine anno un risparmio del 30 per cento sul costo del lavoro alle imprese. Idem per le Zes e per gli sgravi fiscali e gli incentivi che pressoché ogni partito o movimento ritiene necessari per agevolare l’approccio dei giovani e delle donne al mercato del lavoro.
Se si guarda invece a dove è collocato il Mezzogiorno nei programmi elettorali, ammesso che questo possa essere un indicatore dell’importanza riconosciuta all’argomento, balza agli occhi che per il Terzo Polo il Sud è ai primissimi posti del testo definito da Renzi e Calenda, sulla scia del positivo lavoro condotto nei diciotto mesi di governo dal ministro uscente del Sud Mara Carfagna. Anche il Pd dedica al Sud non pochi spunti, come il richiamo all’Agenda Sud 2030 lanciata dall’allora ministro Peppe Provenzano (non a caso responsabile, in qualità di vicesegretario del partito, della stesura del programma Dem). La Lega affronta il Mezzogiorno con un apposito capitolo a pagina 132 del suo programma che di pagine in totale ne conta 202 mentre il testo concordato dalla coalizione di centrodestra vi dedica un breve passaggio in uno dei 15 punti riassuntivi del suo programma.
Naturalmente non sono solo le cosiddette specificità del Mezzogiorno a permettere una valutazione delle proposte e degli annunci elettorali. Se si allarga lo scenario a temi abbondantemente divisivi, come il Reddito di cittadinanza, i cui percettori sono in larga maggioranza concentrati nelle regioni meridionali, le distanze tra i partiti diventano abissali, con il centrodestra e il Terzo Polo schierati per l’eliminazione della misura, il Pd cauto nel voler ripartire dalle proposte della Commissione Saraceno insediata dal ministro del Lavoro Orlando, e i 5 Stelle dichiaratamente sulle barricate per difendere uno dei simboli del loro ultimo quinquennio parlamentare e di governo. Quasi inutile aggiungere che su questo fronte il voto del Sud potrebbe diventare più significativo di quanto molti erano disposti a scommettere qualche mese fa.