Navigator, pagati senza fare nulla: «Difficile collocare chi ha il Reddito»

Navigator, pagati senza fare nulla: «Difficile collocare chi ha il Reddito»
di Valerio Iuliano
Mercoledì 11 Agosto 2021, 00:00 - Ultimo agg. 12 Agosto, 09:03
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Il Reddito di cittadinanza visto dai navigator. Il periodo di 24 mesi di attività per l’orientamento al lavoro dei beneficiari è terminato il 2 agosto scorso in tutte le regioni. L’unica eccezione è la Campania, dove la conclusione è prevista, invece, per il 2 dicembre. In Campania il contratto fu sottoscritto con 4 mesi di ritardo, a causa della diatriba tra De Luca e l’Anpal. Per tutti i navigator è stata disposta, comunque, una proroga fino al 31 dicembre 2021. Ed ora è tempo di bilanci. 


Dal report pubblicato da Anna (Associazione nazionale navigator) emergono ancora le contraddizioni di un sistema - quello del reddito di cittadinanza - che puntava alla coesistenza di due aspetti impossibili da tenere insieme. Da un lato il contrasto alla povertà sotto forma di sussidio e dall’altro l’inserimento nel mondo del lavoro di una larga fetta della platea dei beneficiari. La coesistenza è fallita, come era prevedibile. Il sistema non ha prodotto risultati tangibili sul fronte occupazionale, le politiche attive del lavoro hanno confermato tutta la loro inconsistenza e i navigator sono stati identificati da una parte dell’opinione pubblica come i responsabili della disfatta. «Siamo stati schiacciati - si legge nel Report dell’associazione - dalla strumentalizzazione politica, tra chi ci ha presentato come i salvatori della patria e chi, invece, ci ha accusato delle peggiori viltà. La verità è che siamo semplicemente 2700 lavoratori che hanno partecipato a una selezione pubblica trasparente e anche piuttosto difficile, per ricoprire un ruolo che, finora, in Italia mancava». 

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Oltre al sostegno economico ai meno abbienti, la finalità del Rdc è delineare un «percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e/o all’inclusione sociale, attraverso il Patto per il lavoro e il patto per l’inclusione sociale». La legge istitutiva del sussidio - ed è questo uno dei punti centrali - ha previsto l’assunzione di “tutor” in affiancamento agli operatori dei Cpi proprio per fornire assistenza personalizzata ai beneficiari e per favorire il raccordo con il sistema delle imprese. «Noi non creiamo lavoro», puntualizzano i navigator. «Il nostro compito è fornire assistenza tecnica agli operatori dei Cpi, nelle fasi che vanno dalla prima convocazione alla sottoscrizione del Patto per il Lavoro, dalla consultazione del sistema nazionale online per l’incrocio domanda-offerta, fino alla proposta di un’offerta congrua di lavoro». 

Di offerte di lavoro, come è noto, ce ne sono state pochissime. «Compito dei navigator è anche la rilevazione dei fabbisogni professionali delle imprese a breve e lungo termine».

Tutto facile sulla carta, ma il bilancio non è positivo. I beneficiari del Rdc - fino a giugno scorso - sono stati 1.656.389. E i soggetti tenuti alla stipula di un Patto per il Lavoro sono 1.364.315. Quelli che hanno sottoscritto almeno un contratto di lavoro - secondo le rilevazioni dell’associazione - sono 349.503, di cui il 65% a tempo determinato e solo il 16% a tempo indeterminato. Per i contratti di lavoro stipulati, resta un dubbio. Secondo alcuni addetti ai lavori, si tratta di soggetti che hanno trovato un’occupazione - quasi sempre per pochi mesi - indipendentemente dal percorso intrapreso con il reddito di cittadinanza. In ogni caso, è indiscutibile che i risultati siano largamente inferiori alle attese. 

Dall’identikit dei fruitori del sussidio, vengono fuori alcune caratteristiche che confermano la loro difficile “collocabilità”. Anzitutto una bassa scolarizzazione, con il 73% che è munito solo della licenza media. In secondo luogo, emerge nel 36% dei casi l’assenza di esperienze lavorative precedenti. A tutto questo si aggiunge la «scarsa o nulla competenza digitale». Un altro capitolo riguarda le inefficienze del sistema del reddito di cittadinanza. 
Le banche dati degli enti non dialogano tra loro e «manca sostanzialmente l’interoperabilità con tutti i sistemi che entrano in campo nel Rdc. È difficile ricostruire una carriera lavorativa svolta in diversi territori oltre ad inibire l’offerta di opportunità lavorative». Il risultato è che un soggetto in cerca di lavoro, residente a Napoli, non potrà essere informato di un’offerta in un’altra regione. A questo si aggiungono le debolezze della governance. «L’organizzazione dei servizi per il lavoro suddivisa tra Stato e Regioni, ha generato - sottolineano i navigator - tanti diversi sistemi dei servizi per il lavoro quante sono le Regioni, con la conseguenza che la discrezionalità delle amministrazioni locali, nella scelta di strumenti operativi di politica attiva, ha di fatto prodotto una paradossale disomogeneità». 
 

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