Regionali Campania 2020, asse Pd-M5S: né De Luca né Costa

Regionali Campania 2020, asse Pd-M5S: né De Luca né Costa
di Adolfo Pappalardo
Venerdì 31 Gennaio 2020, 07:30 - Ultimo agg. 14:59
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La soglia fissata è del 15 per cento. Da qui passa l'accordo Pd-M5s che s'inizia a discutere davvero tra tre settimane esatte. Non appena saranno noti i risultati del voto nel collegio del Senato di Napoli. Un test nevralgico per le regionali, che va al di là, e molto, delle elezioni per una poltrona a palazzo Madama. E tutto si gioca su quella soglia, brutale se volete, del 15 per cento. Con un calcolo preciso: se i grillini scendono sotto quella soglia il nome del candidato presidente in Campania sarà di area Pd, se sopra quel nome sarà di area M5s. E, in entrambi i casi, non sarà nessuno degli attori attualmente sulla scena. Per intenderci: né il governatore Vincenzo De Luca, né il ministro Sergio Costa. Perché si riparte alla ricerca di un nome da individuare seguendo lo schema Ruotolo. Ovvero la più ampia condivisione possibile. È il risiko che ha in testa il Nazareno: dal segretario Nicola Zingaretti passando per due-tre democrat di peso che detengono l'Opa sul partito.

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In queste ore al Nazareno studiano due cose: il voto in Emilia e Calabria e i sondaggi. E, quest'ultimi, non sono favorevoli al centrosinistra campano. Anzi lo scenario tratteggia una situazione simile a quella della Calabria: la destra in vantaggio. E perdere un'altra regione al Sud, quella più importante poi, sarebbe un colpo micidiale per tutti. Governo e Pd. Lo sanno non solo i democrat ma anche i grillini dilaniati in queste ore sulla rotta da seguire e senza punti di riferimento. Tra le dimissioni di Luigi Di Maio da capo politico, il silenzio prolungato di chi sembra interessato a costruire alleanze come il presidente della Camera Roberto Fico e Alessandro Di Battista ancora in Iran. Tanto che ieri viene malmenato sui social dagli stessi attivisti M5s. «Mentre tu sei in ferie l'accusa un iscritto c'è un Movimento alla deriva». E lui costretto a difendersi: «Torno non appena finite le mie ricerche...».

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Si attendono gli stati generali (per prendere tempo) mentre su Rousseau si aprono le candidature per gli aspiranti consiglieri regionali. Quindi si va da soli come chiede l'ala dura e pura del Movimento? Macché, basta leggere l'ultima postilla dove si chiarisce come: «La fase tecnica di acquisizione delle disponibilità degli iscritti a candidarsi rimane in ogni caso collegata ad ogni eventuale decisione politica assunta per i singoli territori regionali». Che poi è la linea illustrata in queste ore dal pontiere per eccellenza, il ministro Vincenzo Spadafora, riguardo alle Regionali: «Non si esclude che si possa decidere di fare alleanze».
 

E da domenica sera, dopo settimane di silenzi e appelli andati a vuoto, i parlamentari M5s e Pd si parlano e ragionano su ipotesi di alleanze. E qualcuno esce anche allo scoperto senza il timore di infrangere i dogmi grillini. Come la campana Flora Frate che osserva: «Le prossime elezioni regionali rappresentano un appuntamento fondamentale per costruire un'alleanza larga ed inclusiva, soprattutto al Sud. In Campania, ad esempio, è stato un errore non convergere su un unico candidato alle suppletive di febbraio. Fermiamoci a riflettere e smettiamola di farci del male». E così la segreteria provinciale di Napoli se da un lato invita i grillini a convergere su De Luca, dall'altro non accantona schemi larghi che piacciono ai parlamentari grillini e a qualche consigliere regionale. Ma non a Valeria Ciarambino e Maria Muscarà considerate ormai, fuori e dentro l'M5s, come quel soldato giapponese che, a vent'anni dalla fine del II conflitto nel Pacifico, si ostinava a combattere.

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Per il Nazareno è il segnale che si possa riuscire, un minuto dopo il voto delle suppletive, a ragionare su un modello che ricalchi quello usato per Sandro Ruotolo. Allargato però ai grillini. Ma, stavolta, senza rischiare di fare la fine dei corteggiatori respinti: si tratta, davvero, solo quando saranno chiari i rapporti di forza. Se il Movimento, lì nel collegio dove ebbe la percentuale più alta d'Italia, va sotto il 15 sarà il Pd a dare le carte, altrimenti l'M5s. Sempre con un nome d'area e scavalcando comunque sia il governatore uscente che il ministro dell'Ambiente. «Basta chiudere l'accordo, poi il nome si trova. Come pure si trova il modo per ragionare con De Luca», analizza un alto dirigente democrat che, comunque, bolla come boutade le ipotesi di offerte formulate al governatore fantasticate nei retroscena. Compresa l'ultima, di ieri: il ministero del Sud retto ora Peppe Provenzano. «Non siamo ancora in quella fase», aggiunge.

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E occorre verificare l'esito del voto di domenica 23 febbraio che i democrat ipotizzano a loro favorevole. Specie se l'affluenza sarà bassa. Poi da quel momento la strada è considerata in discesa. Per questo, anche per questo, sul nome di Ruotolo il Nazareno non ha ceduto né alle pressioni di una parte del Pd napoletano, né a quelle di Italia Viva. Perché ridimensionando il peso grillino nel collegio che fu di Ortolani, c'è l'occasione non tanto di schiacciarli quanto di riportarli a ragionare con i numeri reali del consenso. Quelli, per capirci, che escono dopo la bolla del 2018 e che si sono appalesati già con il voto in Emilia e Calabria. E da domenica scorsa questa polarizzazione del voto, o di qua o di là, è la rotta che si fa strada anche nei grillini che non si fanno affascinare dalla terza via ipotizzata da Di Maio. Un risiko complicato e non tanto un laboratorio come lo chiama De Magistris che non vede l'ora di dare il benservito a De Luca. «Se la candidatura (alle regionali, ndr) che rappresenterà questo nuovo percorso non sarà De Luca io ci sarò e darò una mano, così come è successo con Ruotolo», è la stilettata di ieri mattina del sindaco. Ma per ora i democrat vogliono solo chiudere con i grillini, con il sindaco poi si vedrà. Perché una cosa era il collegio di Napoli, un'altra la Campania. E se vuole poi l'ex pm si accoderà. Mentre dalle parti di palazzo Santa Lucia si ostenta sicurezza e De Luca, ogni giorno ormai, chiede il voto dei grillini convinto che i delusi dell'M5s possano convergere su di lui. Non la vedono affatto così al Nazareno e se ne fiuta l'aria a Napoli dove il Pd deluchiano mostra i muscoli. «Non abbiamo bisogno delle stampelle dell'M5s », tuona il consigliere regionale Franco Picarone, fedelissimo del governatore. Ma tutto si deciderà alla fine di febbraio, dopo il voto per il Senato. E quest'anno, che è bisestile, ci sarà un giorno in più per le trattative. 
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