Regionali in Campania, Sommese jr: «Io, eletto grazie alla rete di papà ma non solo»

Regionali in Campania, Sommese jr: «Io, eletto grazie alla rete di papà ma non solo»
di Antonio Menna
Giovedì 24 Settembre 2020, 09:56
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«La politica è nel nostro sangue, si può dire che la conosco fin da quando ero bambino. Tutto questo mi ha aiutato, naturalmente. Ma ci ho messo anche del mio, in questa campagna elettorale». Non rinnega le radici ma rivendica autonomia, Giuseppe Sommese, figlio di Pasquale, ex assessore regionale, fermo un giro - con una inchiesta giudiziaria sulle spalle - dopo aver dominato per anni la battaglia delle preferenze in provincia di Napoli. Neo eletto al Consiglio regionale con la lista dei Liberaldemocratici-Moderati, nella coalizione di De Luca, il giovane rampollo di casa Sommese - 27 anni, laureato in Giurisprudenza - sembra avere idee chiare.
Subito eletto alla prima prova con 5500 preferenze. O è un miracolo o sono i voti di suo padre.

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«Mio padre ha costruito negli anni una rete di contatti, di relazioni, coltivata con la disponibilità, con il dialogo, e sicuramente sono stati utili. Una rete storica che è stata compatta e ha collaborato. Ma non è solo questo. Io ho introdotto un elemento di innovazione: mi sono rivolto ai giovani, ho visitato decine di associazioni, ho cercato di diventare un punto di riferimento del mondo giovanile e credo che nelle preferenze raccolte ci sia anche molta parte di quel mondo. Poi c'è il risultato di una lista e ringrazio tutti i candidati. È stato fatto un grande lavoro sui territori. I due seggi scattati a Napoli fanno di noi una realtà politica importante. Contiamo oltre 40mila voti a Napoli. È il primo passo di un progetto politico».

Ma sarebbe stato eletto lo stesso se non fosse il figlio di Pasquale Sommese?
«Non è la mia elezione, il tema. È il successo del progetto politico che abbiamo messo in piedi. È iniziato molti mesi prima del voto. Siamo impegnati già da qualche anno con alcuni gruppi giovanili e con questi ho girato molto sui territori. Siamo ragazzi che si affacciano alla politica, al sociale. Questo grande risultato non si improvvisa. È un traguardo storico per un'area culturale, in un contesto poi di grande frammentazione».

Ma lei voleva fare politica o si è trovato catapultato in una cosa che non le appartiene?
«Io ci sono nato con la politica; ho sempre seguito il percorso politico di mio padre, e lui ce l'ha portata in casa da sempre. Accompagnavo papà in segreteria, nei contatti. Ho sempre masticato i linguaggi della politica. Papà, poi, fa una politica di territorio, non di palazzo. Il suo è un vero attivismo sociale, e io da lì ho appreso, più che preso. Ho imparato».

I figli d'arte esistono da sempre, a volte sono anche più bravi dei padri. Ma un po' di imbarazzo per questo passaggio di testimone così repentino?
«Sono molto sereno. Militavo già in una struttura politica, ho una passione autentica, di natura sociale, che viene dalle associazioni. Nessun imbarazzo».

Che campagna elettorale ha fatto?
«Abbiamo dovuto limitare le nostre forze. Rispetto alle campagne elettorali del passato, lo schema è stato diverso: sono stato molto sui social, ho curato molto la comunicazione. Ho parlato alla mia generazione, come si deve fare. È cambiato un po' il linguaggio. E, a causa del Covid, ho fatto più incontri con meno persone».

Che cosa si ripromette di fare in questi cinque anni?
«Cercherò di lavorare con umiltà. Auspico un processo di rinnovamento. Ci vogliono forze fresche, giovani, bisogna rinnovare la macchina amministrativa ed essere pronti per le nuove opportunità che verranno dai fondi europei».

Lei è di centrodestra o di centrosinistra?
«Io non parlerei di appartenenze politiche e schieramenti ma di idee e persone».

E come mai ha scelto De Luca?
«Per il lavoro che ha fatto.

Del resto, la vittoria schiacciante dimostra che ha convinto l'elettorato. Non solo me».

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