Le risposte (serie) che Napoli attende

di Massimo Adinolfi
Domenica 5 Maggio 2019, 08:00
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Bisogna pesare le parole. Bisogna evitare polemiche inutili e facili strumentalizzazioni. Però bisogna dire le cose come stanno: una città in cui si spara, in cui vengono raggiunti dai colpi di pistola finanche i bambini, non è una città sicura. È, anzi, una città in cui l'ordine pubblico non è assicurato. Per quanti sforzi abbiano fatto e facciano forze dell'ordine e inquirenti, Napoli rimane città a rischio.

Prendere atto di una situazione così drammatica è il primo passo. Il secondo, anche questo deve esser chiaro, non può però essere affidato a misure e iniziative che raggiungono solo la superficie del problema. Un altro morto ammazzato? Un'altra vittima innocente? Un altro bambino, un'altra bambina che rischia la vita perché si trovava nel momento sbagliato in un posto sbagliato (ma quel posto è una piazza, una strada, sono i paraggi di una scuola: che cosa c'è di sbagliato in tutto ciò?) La risposta viene allora data inviando altri uomini e mezzi, dopo il solito vertice sulla sicurezza che magari precede una simbolica riunione straordinaria del Consiglio dei Ministri in città, come accadde a Caserta per la Terra dei Fuochi. Signori, fatevelo dire: lasciate perdere, non servirebbe a niente.

O, forse, sarebbe addirittura controproducente, come ogni parata che mette sottosopra la città, ma che, passata la festa, solleva solo polvere e lascia in giro cartacce inutili.

Intendiamoci: non c'è nulla di male nell'attenzione che in questo modo si vorrebbe dimostrare per Napoli. Vanno bene le camionette militari lungo via Toledo, va bene vedere le macchine delle forze dell'ordine sparse per le vie principali della città dal centro alla periferia. Si può anzi dare atto al ministro dell'Interno, Matteo Salvini di essere venuto a Napoli più volte, cercando di non minimizzare i fatti gravi che insanguinano ormai quotidianamente la cronaca cittadina, di aver aumentato la presenza di agenti a Napoli e nella sua provincia.

Ma non sono le dichiarazioni rilasciate dopo una visita in Prefettura, o i tweet che scandiscono l'agenda del governo ciò di cui c'è bisogno. Soprattutto, non occorre cavalcare la notizia del giorno per mero tornaconto politico. Mettiamoci d'accordo: non si tratta di buttare la croce addosso al governo, che è in carica da un anno soltanto, ma non va bene neppure usare la cronaca nera solo per costruirci sopra una narrazione allarmata e allarmante, che però non produce un salto di qualità nello risposta dello Stato all'emergenza criminalità, non segna una vera discontinuità col passato, un'inversione di tendenza, qualcosa che si cominci a respirare nell'aria, che si possa toccare con mano, che dia il senso di una diversa presenza delle istituzioni nella vita civile e sociale della città.

Non ci vogliono (solo) altri uomini: ci vogliono (soprattutto) uomini migliori, le migliori risorse investigative, maggiori sinergie, e una capacità vera di sollecitare il coinvolgimento di tutta la collettività. Che deve sentire nella vita di tutti i giorni gli effetti di un costante, assiduo impegno pubblico. E invece finisce che si prendono misure straordinarie, in giro si vedono più divise, e naturalmente si preannunciano leggi che dovrebbero tutto inasprire e tutto punire. Ma nulla di tutto ciò equivale a una strategia tenace, di medio-lungo periodo, che aggredisca la pianta della delinquenza organizzata e ne strappi le radici, non solo qualche ramo.

Tutto rimane invece più o meno come prima. I riflettori si accendono, poi si spengono. Quanta parte della città - anche quella che è stata profondamente scossa dall'ennesima sparatoria, che per un attimo si è fermata, che è ancora col fiato sospesa in attesa di notizie sullo stato di salute della bimba ricoverata al Santobono crede nella reazione dello Stato, oggi?

Ma se questo sentimento collettivo di rabbia e insieme di sfiducia non cambia, se non lo si prova a cambiare, se ci si accontenta di dare la risposta richiesta dalle circostanze, solo per rintuzzare le critiche dell'opposizione, o magari le polemiche che vengono dall'alleato di governo, per poi passare ad altro, non appena cambia l'argomento all'ordine del giorno, allora la faccia truce, la felpa della polizia e le condanne più dure non serviranno a nulla.

Credo di averlo detto con chiarezza: qui non interessa cercare colpevoli, o tirare l'acqua al mulino di un'ennesima, inutile polemica. Qui non interessa nemmeno la propaganda. Qui si vuol capire che cosa si può fare in concreto per restituire vivibilità alla città, se vi è una presa di coscienza collettiva, se si è in grado di sollecitarla, se Napoli, fuori da ogni retorica, può compiere uno scatto civico, se per questo può contare sulla politica e sulle istituzioni. Tutto il resto non serve, non è mai servito, non servirebbe neanche questa volta.
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