Processo Crescent, l'accusa dei pm:
«Condannate De Luca a due anni»

Processo Crescent, l'accusa dei pm: «Condannate De Luca a due anni»
di Petronilla Carillo
Sabato 26 Maggio 2018, 08:15 - Ultimo agg. 12:14
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Poco meno di complessivi trent'anni di pena per i ventidue imputati del processo Crescent il complesso urbanistico a forma di mezzaluna, progettato dall'architetto catalano Ricardo Bofill, e realizzato sul lungomare di Salerno a ridosso della spiaggia di Santa Teresa. È la richiesta formulata dai pubblici ministeri nel corso della requisitoria iniziata davanti ai giudici del tribunale. Ventinove anni e cinque mesi, per l'esattezza. Diversi i capi di imputazione: falso ideologico, abuso d'ufficio e lottizzazione abusiva.

Per il governatore Vincenzo De Luca, a giudizio per reati commessi quando era sindaco di Salerno, l'imprenditore Eugenio Rainone, che ha realizzato l'opera, e l'ex proprietario del Jolly Hotel Rocco Chechile, i sostituti procuratori di Salerno Rocco Alfano e Guglielmo Valenti, hanno richiesto le pene più alte: due anni e dieci mesi per il politico, due anni e sei mesi per il costruttore e l'albergatore. I legali di De Luca, gli avvocati Paolo Carbone e Andrea Castaldo, al termine di una lunga giornata di dibattimento si dichiarano comunque «sereni». «Attendiamo fiduciosi la fine della requisitoria - spiega l'avvocato Castaldo - per avere una visione completa della posizione della procura e poter, in questo modo, articolare meglio la nostra difesa. Siamo molto fiduciosi perché ci sembra davvero paradossale che una intera giunta si sieda intorno ad un tavolo per pianificare abusi e falsi». «Riusciremo a dimostrare la correttezza dei comportamenti», conclude l'avvocato Carbone.
 
La requisitoria proseguirà difatti il prossimo giugno. Ma, dopo sette ore di discussione, i due pm hanno deciso di rendere note le proprie richieste di pena. Hanno assolto tutti gli imputati a cui veniva contestata l'accusa di occupazione di suolo pubblico e dichiarato prescritti i reati che riguardano l'abuso d'ufficio e il falso ideologico soltanto per quanto riguarda la concessione dei diritti edificatori del complesso Crescent. Quindi hanno chiesto la confisca dell'intera area. Nove mesi la pena per i componenti della giunta De Luca (Eva Avossa, Gerardo Calabrese, Luca Cascone, Luciano Conforti, Domenico De Maio, Augusto De Pascale, Ermanno Guerra, Aniello Fiore, Vincenzo Maraio, Francesco Picarone); un anno e sei mesi per l'ex soprintendente Giuseppe Zampino; un anno ed un mese per il dirigente comunale Lorenzo Criscuolo; un anno e sei mesi per il tecnico Davide Pelosio; un anno e due mesi per Matteo Basile (funzionario comunale), Annamaria Affanni e Giovanni Villani (della Soprintendenza di Salerno); un anno per il tecnico comunale Nicola Gentile ed un anno e quattro mesi per la collegha architetto Bianca De Roberto; un anno e dieci mesi per l'amministratore della Sist Maurizio Dattilo.

È stata una giornata di battaglia giudiziaria combattuta sul filo della norma quella di ieri. Il dibattimento si è aperto con un nuovo deposito di atti da parte della pubblica accusa per dimostrare come ci sia sempre stata una certa «colleganza di affari» tra l'amministrazione comunale e gli imprenditori Rainone e Chechile. Atti che il collegio giudicante, presieduto da Vincenzo Siani, non ha deciso di accogliere. In mattinata di ieri si era anche diffusa la notizia di un passaggio in aula del governatore De Luca poi smentita dai suoi legali ma, per l'intero svolgimento dell'udienza, c'è stato un assessore e fedelissimo deluchiano presente, Domenico De Maio, anche lui imputato nel procedimento.

Passionali e accorate, invece, le requisitorie dei due pm. Il sostituto Alfano ogni volta che ha fatto riferimento ad atti del Comune, li ha attribuiti sempre e tutti al sindaco De Luca, spiegando poi che è lui «il vero dominus di tutta la vicenda Crescent». Di qui il riferimento alle intercettazioni telefoniche che lo vedono onnipresente in tutte le decisioni e dei consigli chiesti: «Come faccio a fare tutto presto?». Proprio la «fretta» è stato il motivo conduttore della discussione dell'accusa. È stato sempre il pm Alfano che, rivolgendosi al presidente Siano, gli ha chiesto «sensibilità» nel guardare la vicenda nella sua interezza provando ad andare oltre gli atti prodotti in dibattimento perché «questi sono solo un parte, quelli che noi abbiamo ritenuto essere i più importanti da filtrare alla vostra attenzione». I due pm hanno anche spiegato che Comune e Soprintendenza hanno avuto l'occasione di salvarsi più volte in calcio d'angolo e non lo hanno fatto. Quindi che il soprintendente Zampino ha avuto due incarichi non retribuiti dal Comune mentre doveva decidere sulle autorizzazione da revocare al Comune. E più volte nella requisitoria si è fatto riferimento alla «commistione tra pubblico e privato» e agli atti «forzati» che l'amministrazione ha prodotto per portare avanti il proprio progetto. Un progetto che di pubblico non ha nulla, secondo la loro visione.
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