Il presidente della Regione Vincenzo De Luca fa i conti in tasca al Comune - e dunque al sindaco Gaetano Manfredi - sul finanziamento al San Carlo e anche sul suo stipendio aumentato - come per tutti i primi cittadini d'Italia - da una legge dello Stato che lo ha equiparato a quello dei presidenti di Regione. Nulla di nuovo nel senso che il duello dialettico e politico tra i due è una realtà consolidata. Tuttavia l'ex rettore da qualche settimana ha cambiato strategia: ha abbandonato la linea del silenzio e risponde colpo su colpo. Anche questo un segnale che sull'asse tra Comune e Regione qualcosa si è incrinato. Per esempio la diatriba sul Massimo napoletano è vecchia di mesi, i tagli della Regione al Teatro sono di 5 milioni non certo bruscolini.
Ed è questa una vicenda molto spinosa finita anche sul tavolo del ministro Dario Franceschini il cui dicastero è l'ente vigilante del Massimo. «Noi prevederemo - spiega Manfredi - un maggiore impegno, compatibilmente con le nostre esigenze di bilancio».
Insomma, il sindaco rivendica il primato di Napoli e non ne fa mistero: «Con il presidente De Luca ho sempre avuto un rapporto buono e continuo ad avere un rapporto buono. Il mio unico interesse è quello di amministrare bene la città e l'area metropolitana e difendere la centralità della nostra città, che rappresenta un patrimonio enorme per l'Italia e anche per la nostra regione». Non l'unica puntualizzazione a Manfredi l'ironia di De Luca sull'aumento dello stipendio - «Allora l'Amministrazione va lapidata» le sue parole - non è piaciuta. «Io non ho deciso niente - racconta Manfredi - quando mi sono candidato sapevo benissimo che lo stipendio dei sindaci come quello di Napoli è di gran lunga inferiore a quello dei presidenti delle Regioni o dei parlamentari. Poi è intervenuta una legge nazionale e io mi adeguo alle leggi, non chiedo e non faccio niente su questo».
Per il sindaco quello con la Regione non è l'unico fronte aperto, ce ne è un altro interno relativo alla sua maggioranza. C'è stato il primo flop per mancanza di numero legale in Aula, ma soprattutto alla vigilia della manovra di bilancio, il primo dell'era Manfredi, le tensioni non mancano. Basta pensare al ritardo sulla nomina delle giunte nelle Municipalità. In questo contesto dal sindaco arriva un richiamo alla maggioranza. «Non credo - dice l'ex rettore - che questo sia il momento di fare discussioni, ma è il momento di costruire, di lavorare, di fare cose concrete e dare una risposta ai napoletani che è quello che si aspettano».
Anche in questo caso Manfredi fa una sottolineatura da non prendere alla leggera: «La discussione è normale ma io mi sono candidato e sono stato eletto per fare le cose. Il nostro obiettivo è rimettere in ordine la città che viene da anni estremamente difficili e con situazioni gravissime che abbiamo ereditato dal punto di vista finanziario, organizzativo e manutentivo. Questo adesso è sotto l'occhio di tutti». Un ammonimento - quello di Manfredi - ai 28 consiglieri che compongono la sua maggioranza, ma anche ai partiti che lo sostengono. La sostanza del ragionamento del sindaco è esplicita: se si fanno le cose io ci sto, per il resto porte sbarrate.