Se il Pd e la Sinistra sono terre di conquista

Se il Pd e la Sinistra sono terre di conquista
di ​Corrado Castiglione
Sabato 13 Maggio 2017, 23:37 - Ultimo agg. 14 Maggio, 09:21
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Pare un refrain. Pare uno di quei copioni già noti. Protagonista è la composita galassia delle sinistre che s’avvia e s’avvita alla vigilia del voto, orfana di un papa straniero più etereo di Godot. L’appuntamento poi con le amministrative è scenario naturale per patti trasversali che maturano secondo logiche e movenze di territorio, di sovente ben oltre i consueti steccati ideologici. Se poi la politica del territorio già è percorsa di suo da fermenti di frantumazione, ecco che il risultato corre il serio rischio di diventare deflagrante. A vantaggio di chi saprà aggregare malesseri e trasformarli in consensi.
 


Occhio alle immagini che a meno di un mese dal voto in 17 comuni del Napoletano prendono forma. Al teatro Sannazaro, intorno allo stimato ex parlamentare ed ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, vanno in scena le molteplici truppe delle sinistre, dove l’utopia unificatrice di Sinistra italiana è già spiaggiata, ha già ripreso il largo e già veleggia verso un nuovo approdo con Articolo 1, insieme ai tanti scissionisti del Pd che hanno bene in mente il porto (centrista) lasciato alle spalle ma per i quali si intravede un po’ meno bene la rotta futura. 

Intanto gli «arancioni» di Dema provano a guardarsi attorno e tra i delusi delle sinistre, facendo sponda dove è possibile con le liste civiche, tentano di dare corpo alla sfida lanciata dal sindaco di Napoli cercando di allargare la rete. È da tempo che de Magistris veleggia al di là dei partiti, da quando non è più dipietrista (ma lo è mai stato?), riferimento di vari segmenti e dello zoccolo duro d’una sinistra che a Palazzo San Giacomo amministra la città dagli anni di Antonio Bassolino sindaco. In questo tempo de Magistris non è rimasto ostaggio di questi segmenti, anzi li ha ricompattati e ha fatto qualcosa di più giungendo ad allargare l’alleanza di governo includendo pezzi del vecchio centrodestra, movimenti e istanze neo-borboniche. Maggioranza arlecchina di cui tutto si può dire, tranne che non abbia il consenso e i numeri per amministrare.

Ebbene, la sfida di de Magistris diventa tanto più possibile, laddove il centrosinistra - con il Pd è già logorato dalle divisioni romane - ha saputo ulteriormente frazionarsi. Così Melito, Torre Annunziata, Pompei, Acerra diventano le spie di malesseri e divisioni che vengono da più lontano. Senza scomodare il lanciafiamme, che è rimasto in giardino ad arrugginire accanto alla richiesta di quanti più volte hanno sollecitato da almeno un anno (dalle ultime amministrative al referendum) di discutere delle sconfitte elettorali più recenti.

Viene da chiedersi ad esempio se il partito ci abbia davvero guadagnato dall’operazione delle deleghe nella città metropolitana o se nell’area nord i Democratici debbano temere un contraccolpo. Pure viene da domandarsi quanto valore aggiunto portino - nell’area vesuviana - le frizioni tra il capogruppo in Consiglio regionale Mario Casillo e il governatore Vincenzo De Luca. Senza dimenticare che anche per il presidente della giunta regionale sarà la prima volta di liste tutte sue, con Campania libera. A tutto questo si aggiunga il piccolo ma diffuso sisma legato alle disavventure giudiziarie di un consigliere regionale in marcia di avvicinamento alla maggioranza come Pasquale Sommese, che da sempre in alcuni comuni dell’hinterland ha potuto contare su una fitta rete di consenso. Non è tutto: c’è anche un territorio grillino che può essere eroso, come ha dimostrato il voto in città alle ultime comunali e come testimonia anche il recente sbarco di Dema a Salerno in consiglio, con il cambio di casacca dell’ex M5s Dante Santoro. Ecco l’ampio raggio d’azione in cui si muove la sfida “arancione” di Dema, nel tentativo di trasformare malesseri in consensi anche oltre la cinta daziaria della metropoli.
 
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