«Serra-serra!», il ricordo dei lazzari napoletani che 223 anni fa combatterono l'invasione francese

«Serra-serra!», il ricordo dei lazzari napoletani che 223 anni fa combatterono l'invasione francese
di Antonio Folle
Sabato 22 Gennaio 2022, 17:45 - Ultimo agg. 23 Gennaio, 08:14
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Già 144 anni prima delle gloriose quattro giornate del settembre 1943 i napoletani dimostrarono al mondo di non essere disposti a piegarsi e si opposero con le armi all'invasione del più potente esercito dell'epoca. Nelle altrettanto gloriose giornate del 20, 21 e 22 gennaio 1799 il popolo napoletano - i lazzari - oppose una strenua resistenza all'invasione dell'esercito francese comandato dal generale Championnet, calato nel regno dei Borbone per portarvi la rivoluzione ed instaurare la repubblica. Per tre lunghissimi giorni i popolani partenopei, armati alla buona con le armi che erano riusciti a recuperare dagli arsenali cittadini, combatterono una feroce battaglia contro gli invasori d'oltralpe, difendendo a prezzo di durissime perdite - oltre 8000 la conta dei morti napoletani - il re ed il Paese. 

Questa mattina, in occasione dei 223 anni da quei tragici fatti, una folta delegazione di associazioni e di comitati merdionalisti ha omaggiato il generoso sacrificio dei lazzari con un sit-in presso l'obelisco eretto a via Marina durante la prima restaurazione borbonica per commemorare l'eroico sacrificio dei popolani napoletani, battutisi praticamente a mani nude contro le schiere francesi che, pochi mesi prima, comandate da Napoleone avevano duramente sconfitto l'esercito dell'Impero Austriaco, allora considerato il più potente del mondo. Nei pressi dell'obelisco è stato srotolato un grosso striscione al grido di «Serra-serra!», tradizionalmente riconosciuto come il grido di guerra dell'esercito dei lazzari già dell'epoca di Masaniello.  

L'esperimento repubblicano a Napoli durò poco, circa sei mesi.

Un arco temporale brevissimo ma ampiamente sufficiente per una quasi completa spoliazione della città e del regno. In pochi mesi, infatti, una enorme quantità di opere d'arte fu confiscata e spedita in Francia. Alcuni dipinti, come l'Adorazione dei Magi dello Spagnoletto o la Vergine con il bambino Gesù di Cimabue, ancora oggi sono esposti al Louvre o negli altri principali musei francesi, a testimonianza di un vero e proprio furto legalizzato. 

Il 13 giugno del 1799 la città fu riconquistata dall'esercito Sanfedista del cardinale Ruffo. Le esecuzioni dei capi di una repubblica che, nei suoi pochi mesi di vita, non era riuscita in alcun modo ad accattivarsi le simpatie popolari nonostante le timide aperture democratiche, destarono scalpore e riprovazione contro la corona borbonica ritenuta responsabile della mattanza. In realtà, come ormai riportato da tutti gli storici, la gran parte delle esecuzioni - celebre quella dell'ammiraglio Caracciolo, impiccato al pennone della sua nave - sono da addebitare non alla esclusiva volontà di Ferdinando IV, ma all'ammiraglio inglese Horatio Nelson, che sconfessò il trattato di pace stipulato dal cardinale Ruffo, condannando a morte i giacobini finiti nelle mani delle armate sanfediste consumando, come nel caso dell'ammiraglio Caracciolo, vere e proprie vendette personali. 

«Per tre giorni - ha scritto Gennaro De Crescenzo, presidente del Movimento Neoborbonico - il popolo napoletano si oppose all’invasione francese realizzata con la complicità di pochi giacobini locali. Da 223 anni si celebrano quelli che anche Mazzini definì “traditori della Patria Napoletana” (manoscritto-Museo del Risorgimento) e si dimenticano quelli che anche il generale Championnet definì “eroi” e che difesero, palmo a palmo, case, chiese e famiglie. Oltre 8000 le vittime delle 3 giornate, oltre 60.000 quelle dei 5 mesi di una repubblica ancora oggi celebrata con monumenti, libri, film, murales o nomi di scuole o strade da chi (giacobini di oggi) evidentemente non amava e non ama il Popolo Napoletano. Non possiamo tornare indietro nel tempo - ha continuato De Crescenzo - ma il ricordo dei nostri eroici antenati potrebbe essere importante per ritrovare orgoglio e senso di appartenenza, i due elementi che da sempre mancano alle nostre classi dirigenti».

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Oggi pochi ricordano il generoso sacrificio di quegli uomini e quelle donne che combatterono in difesa del principio legittimista contro gli invasori francesi. Gli eserciti comandati da Championnet ebbero la meglio su un popolo che si batteva con la sola forza della disperazione grazie all'intervento dei giacobini napoletani che, dal forte di Sant'Elmo, cannoneggiarono alle spalle il popolo che si batteva presso le porte cittadine per respingere i francesi. Poche ore dopo, protetti dagli ancora fumanti fucili francesi i fratricidi giacobini partenopei, quasi tutti esponenti dell'aristocrazia e dell'alta borghesia, diedero vita alla Repubblica Napoletana.

La manifestazione in ricordo dei lazzari ha avuto una sua coda all'esterno di palazzo San Giacomo. Una delegazione di manifestanti, infatti, ha presidiato piazza Municipio chiedendo al Comune di Napoli un incontro chiarificatore circa la futura gestione del patrimonio comunale - in particolare circa le ipotesi di dismissione del patrimonio storico - e per chiedere la risoluzione della questione tangenziale di Napoli. Figli del Sud il Popolo è Sovrano, Lupi del Sud, Sud e Civiltà, Identità Meridionale, Movimento del Mezzogiorno, Identità Territoriale, Identità Calabrese, Nazione Napolitana Indipendente, Briganti Attivisti e Regno Delle Due Sicilie le associazioni che hanno preso parte alla giornata di commemorazione e di protesta. 

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