Sindaco di Napoli, Amendola resta
a Roma e ora è sfida Manfredi-Fico

Sindaco di Napoli, Amendola resta a Roma e ora è sfida Manfredi-Fico
di Luigi Roano
Giovedì 25 Febbraio 2021, 09:13
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Ora che il quadro dei sottosegretari sembra delinearsi, emerge con chiarezza che uno dei papabili candidati a sindaco del Pd, Enzo Amendola, è tornato a Palazzo Chigi sotto forma di sottosegretario alle Politiche comunitarie e bisogna toglierlo dalla lista per Palazzo San Giacomo. Mentre Gaetano Manfredi - ex ministro per l'Università - resta fuori dal Governo, per lui nessun ripescaggio sotto forma di «tecnico» come avvenuto per lo stesso Amendola. Così, al netto dei «no» pubblici dell'ex rettore della Federico II, Manfredi una riflessione sulla corsa per indossare la fascia tricolore la sta facendo sul serio. Le considerazioni positive che arrivano dal presidente della Regione Vincenzo De Luca non lo lasciano indifferente. E anche le spinte - come si dice in questi casi - «dal basso» non mancano. Insomma, Manfredi è della partita come il Presidente della Camera Roberto Fico.

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PARTITA APERTA
Quella del successore di Luigi de Magistris in Comune è una partita apertissima con una variabile - la data del voto - che come la riffa dei sottosegretari, potrebbe sconvolgere piani fatti a tavolino già da mesi. Non è il caso di Napoli dove la formalizzazione dell'alleanza tra centrosinistra e M5S ancora non è arrivata, tuttavia le parti in causa giurano che «si farà». «Quello che accade a Roma - filtra dalla segreteria del Pd metropolitano - non è collegato per forza a Napoli, in città l'alleanza con il M5S ci sarà a prescindere». I dem ricordano un precedente freschissimo. Siamo calle regionali di settembre - dove si votò per il rinnovo anche di molti grossi comuni della Campania - nel periodo in cui lo scontro tra i grillini e De Luca era al culmine. E proprio mentre volavano gli stracci «si chiuse l'accordo su Giugliano e Pomigliano» due ex feudi rossi fuoco. Più o meno dovrebbe accadere la stessa cosa a Napoli nel momento in cui viene fuori la data del voto. In questo senso la partita è apertissima anche per il presidente della Camera Roberto Fico. Allungare la consiliatura fino in autunno significa arrivare a cavallo dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica che avverrà entro gennaio del prossimo anno.

A quel punto, con il nuovo inquilino del Quirinale insediatosi potrebbe succedere di tutto. Soprattutto se dovesse essere Mario Draghi, l'attuale presidente del Consiglio dei Ministri. Sembra fantapolitica ma così non è, del resto il Governo in carica non è un Governo politico ma un di scopo, di solidarietà nazionale che per forza di cose non può avere vita lunga. In questo contesto per Fico sarebbe molto più semplice sganciarsi a cavallo delle comunali se ci fosse la prospettiva che nel 2022 si voterebbe per le politiche. Certo è, che la terza carica dello Stato anche lunedì proprio da Napoli ha rilanciato sia il progetto politico con il Pd in maniera forte che la sua candidatura: «Non fossilizziamoci sui nomi» ha detto. Non è un sì ma nemmeno un no alla sua discesa in campo.


SCENARIO BIS
Se è vero che Roma e Napoli non sono collegate a doppio su tutto, è anche vero che l'asse tra la Capitale e il capoluogo campano è molto caldo. Certo si tratta di ipotesi, di scenari che però hanno sempre un fondo di verità. Che si avverino è un altro discorso. Ce ne è uno - il tam tam è di fonte Pd - che vedrebbe il segretario Nicola Zingaretti candidato come sindaco della Capitale non si è capito ancora se contro l'uscente Raggi o con un accordo più ampio. Non una primizia assoluta se ne parla almeno da novembre, le voci su questa opzione in queste ore sono tornate a essere insistenti perché lo stesso Zingaretti ha aperto a un congresso che sarebbe quasi una nuova costituente per i dem. Un percorso che comunque si intreccerebbe con Fico. La sostanza è che Zingaretti candidato sindaco di Roma aprirebbe le porte al Presidente della Camera quale candidato unitario a sindaco di Napoli. Ma sarebbe una storia intricata e difficile anche da raccontare. Prevederebbe le dimissioni di Zingaretti da presidente della Regione Lazio con due anni e mezzo di anticipo. Opzione che al Nazareno non è bancata almeno a oggi. Anche perché il nome forte per Roma già ci sarebbe e si tratterebbe dell'ex ministro delle finanze Roberto Gualtieri.

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