Sovranisti, la Lega regina dei social: Fdi resta nelle sezioni

Sovranisti, la Lega regina dei social: Fdi resta nelle sezioni
di Antonio Menna
Martedì 14 Gennaio 2020, 07:30 - Ultimo agg. 07:31
5 Minuti di Lettura

Ecco il classico carro del vincitore su cui tutti vogliono salire. Per questo, la parola d'ordine tra loro, ora, è cautela. Occhi aperti. Attenzione a opportunisti e infiltrati. La paura di sbagliare è grande. Va in scena il colmo del populista che ha paura del popolo. Così succede che nella Settima municipalità (Miano, Secondigliano, S. Pietro a Patierno) tre consiglieri del misto dichiarano di aver creato il gruppo della Lega in Municipio e il coordinatore regionale, il deputato Nicola Molteni, inviato direttamente da Salvini, dirami un comunicato per smentire tutto, sottolineando in particolare che: «Il consigliere Vincenzo Madonna non rappresenta la Lega. Ribadiamo, con forza, che siamo impegnati per offrire a tutti i campani un progetto serio, trasparente e di rinnovamento».

LEGGI ANCHE Salvini è il politico più seguito d'Europa su FB

Insomma, grande paura. Sono lontani i tempi in cui essere leghisti a Napoli significava venire derisi e sbertucciati, nella migliore delle ipotesi, oppure essere raggiunti da minacce e insulti. «Io ho subito anche un atto vandalico», ricorda Biagio Sequino, consigliere comunale di Calvizzano, il primo rappresentante istituzionale in Campania a credere in Salvini. «Era il 2014 ricorda -. L'anno prima mi ero candidato a sindaco con una lista civica. Sfidando tutti i pregiudizi cominciai a seguire Matteo Salvini, con il progetto Noi con Salvini, e costituii il gruppo nel Consiglio comunale di Calvizzano. Dovetti affrontare di tutto: battute e insulti, minacce. È stata dura. Ma i fatti ci hanno dato ragione, abbiamo visto lontano. Quei temi, quei valori avevano un potenziale forte tra le persone e i numeri hanno cominciato a dirlo». L'ancoraggio territoriale sembra essere la grande cifra dei sovranisti. Non è un caso che i salviniani a Napoli siano nati nei piccoli Consigli comunali. Prima nei centri della provincia, poi nel capoluogo. «Il radicamento territoriale è la prima cosa dice Sequino -, io ho capito prima degli altri che i nostri valori possono parlare alle persone anche al sud perché dalle persone sono partito. Il consigliere comunale, nel suo paese, è conosciuto da tutti e parla con tutti. Si capiva che c'era terreno fertile». Ma adesso, però, bisogna fare attenzione. «La paura è l'opportunismo - insiste Sequino -. Per le prossime regionali, dobbiamo costruire un gruppo di qualità, che stia nei nostri valori culturali. Ha fatto bene Salvini a inviare qui prima Raffaele Volpi, oggi presidente Copasir, poi Nicola Molteni. Persone di esperienza che però vengono da altri contesti e possono valutare senza condizionamenti». 
 


Rimane, però, soprattutto tra i leghisti napoletani il piccolo dramma di essere considerati sempre un po' traditori. Insomma, votare Lega da napoletani è come tifare Juventus. Un atto contro il Sud. «Io sono orgogliosamente napoletano - scrive su Facebook, Gianluca Cantalamessa, figlio del politico missino Antonio, e primo deputato napoletano della Lega -. Ognuno di noi ha orgogliosamente le proprie radici e la propria storia della quale essere fiero. Ma oggi è il momento di vedere il tanto che ci unisce e non il poco che ci separa». Hanno grandi ambizioni, i napoleghisti. Sentono il vento in poppa. Numeri in crescita, con un boom mai visto prima: dai decimali alle due cifre in pochi mesi. Undicimila voti a Napoli alla Camera nel 2018. Il triplo l'anno dopo per le Europee. Una Lega al 12 per cento in città: chi poteva mai immaginarla? Non si danno limiti, sognano un sindaco di Napoli salviniano. Ma intanto serrano i portoni. Vivono molto sui social, con tante pagine differenziate e tutte molto concentrate sul profilo di Salvini. La parole d'ordine sono quelle: migrazione e sicurezza. Qualche convegno, qualche manifesto, ma profilo molto basso. Almeno fino a che non arriva in città il leader, a cui spetta sempre tutta la scena.

LEGGI ANCHE Times promuove Giorgia Meloni

Ha numeri meno significativi l'altra gamba sovranista, quella di Fratelli d'Italia.
Tra il 2 il 4% in questi anni. Ma i sondaggi sono positivi, l'alleanza con la Lega e il polo sovranista danno fuoco e fiato alle ambizioni. E qui si teme meno l'assalto dall'esterno. Anche perché questo partito tutto nuovo ha una struttura tutta vecchia, e molto solida. Un partito all'antica, che non ha paura di richiamarsi alla tradizione. È costruito come in parte la Lega - quasi per intero sul vecchio Movimento sociale italiano, in alcuni casi senza neppure il passaggio in Alleanza nazionale. Molti sono transitati da altre formazioni di destra radicale. Stesse persone, stessi cognomi, a volte anche lo stesso stile comunicativo e di relazione con i ceti sociali (molto popolo, poca impresa). Ci sono, quindi, le sezioni nei comuni, i piccoli gruppi consiliari, e c'è un meccanismo democratico interno. Tesseramento (15mila i votanti all'ultima assemblea regionale), delegati, organismi dirigenti nazionali e locali eletti per gradi. Molto territorio, molti gazebo, molte bandiere al vento, molti comizi anche lontano dalle scadenze elettorali. Un personale politico già formato, che in molti casi viene da lunghe esperienze in Regione, al Comune, in alcuni casi anche al Parlamento europeo e al Governo, e che dopo la scoppola di Alleanza nazionale e la brutta pagina della coabitazione con i berlusconiani nel Popolo della libertà, riscoprono temi, riti e metodo della vecchia e mai dimenticata militanza missina. Si dice sovranisti, si legge fiamma tricolore.

© RIPRODUZIONE RISERVATA