Spostamenti tra Regioni dal 3 giugno, lo strappo di De Luca: «Non firmo l'accordo»

Spostamenti tra Regioni dal 3 giugno, lo strappo di De Luca: «Non firmo l'accordo»
di Lorenzo Calò
Lunedì 18 Maggio 2020, 07:30 - Ultimo agg. 16:58
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Non è bastata un'intera nottata di febbrili trattative per evitare che le distanze tra governo e Regioni diventassero incolmabili. Alla fine il premier Conte ha varato il suo ultimo (si spera) Dpcm dell'era Covid ma ha dovuto incassare lo strappo della Campania che non ha aderito all'intesa. E quando, ieri pomeriggio, il governatore Vincenzo De Luca ha scandito in tv che «la Campania non ha firmato nessun accordo» i suoi omologhi di Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Liguria, Lazio già declinavano trionfanti il calendario delle prossime aperture glorificando «l'autonomia dei territori». Dunque il governo alla fine ha in pratica ceduto al fronte dei governatori (le linee guida sono queste poi ognuno faccia per sé) ma questa volta è stata la Campania a chiedere norme e indirizzi chiari dal ministero della Salute «altrimenti - ha detto De Luca - il 2 giugno ragionerò sulla base dei dati epidemiologici: se il contagio sarà effettivamente contenuto, bene; ma se i livelli saranno ancora elevati, agiremo di conseguenza». Altro che liberi tutti. È insomma la conseguenza dello strappo consumatosi nella Conferenza Stato-Regioni a cui ha preso parte il vicepresidente della Regione Fulvio Bonavitacola. La diatriba che ha portato alla mancata adesione riguarderebbe la previsione di inserimento nel Dpcm di Conte della necessità da parte di ogni Regione di operare un accertamento preventivo sulle condizioni epidemiologiche prima di dare il via libera alle riaperture. La Campania ha contestato il punto, ricordando che il decreto legge 33 - pubblicato sabato in Gazzetta Ufficiale - dispone le aperture delle attività e prevede che si possano poi sospendere nuovamente in presenza di condizioni particolari di ripresa del contagio. De Luca invece ha sostenuto la linea «riapriamo sì tutto ma per non chiudere più». Una posizione già espressa l'8 e il 15 maggio scorsi durante il consueto briefing del venerdì in diretta Fb. Riserve sulle modalità di definizione di un piano epidemiologico nazionale sono state avanzate - sebbene in maniera più sfumata - anche dal governatore del Molise Donato Toma il quale ha espresso al premier la necessità che venisse chiaramente richiamato nel testo del Dpcm «un riferimento preciso al report settimanale del ministero della Salute riguardo l'indagine epidemiologica». Sul punto anche la Campania ha sottolineato che le valutazioni epidemiologiche devono essere gestite a livello nazionale dal ministero della Salute, sulla base dei dati trasmessi dalle Regioni come da protocollo. La Campania ha ricordato anche che il Ministero della Salute ha una banca dati epidemiologica che valuta le singole Regioni in riferimento a 21 parametri, e che ha prodotto il dossier secondo il quale, ad esempio, Lombardia, Molise e Umbria sono ancora in una situazione di «rischio moderato» e che quindi la metodologia per l'indagine epidemiologica è in mano al governo centrale a cui spetta la valutazione finale. Alle 3.15 di domenica mattina il confronto governo-Regioni termina ma il dettato del Dpcm non farà alcun cenno alle osservazioni avanzate dalle Regioni più scettiche. «Io ritengo - ha spiegato il dem De Luca - che su alcune norme di sicurezza generale debba pronunciarsi il ministero della Salute. Poi è chiaro che è necessaria una flessibilità regionale, ma sulle norme fondamentali non è possibile che il ministero della Salute e il governo scarichino opportunisticamente le decisioni sulle Regioni, questo non è accettabile». Insomma, la prudenza di De Luca ha come scenario il 3 giugno e si basa sul rischio che in assenza di un piano epidemiologico nazionale direttamente controllato dal ministero della Salute, la libera circolazione tra Regioni possa far innalzare il pericolo contagio. «E questo - ha chiarito De Luca - per la densità abitativa che abbiamo, in Campania non ce lo possiamo permettere». Anche perché - è il ragionamento di De Luca - «la Campania riceve molto meno delle altre Regioni in termini di risorse sanitarie». 
 


I distinguo della Regione Campania hanno generato sconcerto a Palazzo Chigi. Il presidente del Consiglio Conte non ha rilasciato dichiarazioni ma ad affondare contro De Luca è stato il M5s con il viceministro allo Sviluppo economico Stefano Buffagni che ha invitato il governatore a svestire i panni del «bastian contrario, pare Puffo Brontolone. Non basta essere un brillante comunicatore per governare bene». E se nel Pd lo stesso ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia ha preso le distanze dall'atteggiamento della Campania, dall'entourage del leader Zingaretti fanno trapelare sconcerto, tanto più che lo stesso Zingaretti, in qualità di presidente della Regione Lazio, si è speso molto nelle ultime ore per rivendicare da un lato l'autonomia decisionale delle Regioni e dall'altro l'opportunità di un'intesa con il governo. Nel centrodestra Antonio Iannone di Fdi stigmatizza come «mentre il governo e la Regione Campania litigano i cittadini campani ne pagano le conseguenze e non sanno come fare per riprendere a vivere tra aiuti mancati e confusione totale». 

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