«Basta, così non è possibile andare avanti. Se non ci saranno immediatamente versati i sussidi più volte promessi passeremo un inevitabile e doloroso taglio delle corse nel Golfo di Napoli». L'armatore Salvatore Lauro batte i pugni sul tavolo: «Siamo stufi di essere sballottati tra Roma e Bruxelles. Abbiamo subìto danni pesantissimi con la pandemia ed abbiamo diritto ai ristori così come tutti gli altri comparti dei trasporti. Non si capisce perché ad altri settori sono stati concessi e per il nostro salta fuori la storia degli aiuti di Stato». Lauro è un fiume in piena. «Assarmatori ha più volte messo in evidenza come di fronte al disastro pandemico, il nostro comparto non ha ancora ricevuto aiuti. Il settore, del trasporto passeggeri via mare, non ha potuto beneficiare di nessun tipo di assistenza. E non basta. Oggi denunciamo che neanche quegli aiuti, che pure erano stati promessi, si sono concretizzati. E come non evidenziare che la mancata emanazione dei decreti attuativi ha costretto gli armatori a versare i contributi previdenziali per i dipendenti da cui erano stati esentati proprio per la pandemia». Tutto fermo sugli aiuti, dunque, in attesa che il governo raggiunga un accordo con Bruxelles sottraendo le misure da adottare alla sfera degli aiuti di Stato. Un percorso tutto in salita, evidentemente, visti i tempi lunghissimi che si stanno impegnando. Assarmatori su questo fronte ha presentato studi e ricerche che dimostra in maniera inequivocabile il calo del fatturato provocato con il fermo della pandemia.
«Un calvario - aggiunge Lauro - sempre più duro da sopportare.
Ed è per questo che Salvatore Lauro sottolinea anche che per loro non è arrivato neanche un centesimo degli aiuti previsti dalla seconda misura di sostegno al traffico marittimo passeggeri adottate con il decreto dello scorso agosto (articolo 89), ossia il fondo di ristoro per le perdite subite dai gestori di traghetti: 50 milioni di euro per i mancati ricavi dal 23 febbraio al 31 dicembre 2020, rifinanziato poi nell'ultima legge di bilancio con ulteriori 20 milioni di euro. Insomma una situazione che mette in grave crisi le aziende armatoriali di corto raggio che sono anche costrette ad applicare prezzi calmierati per ì residenti nelle isole così come previsto dagli accordi in vigore con la Regione Campania.