Trentasei giorni per completare le procedure e rientrare nel piano degli obiettivi del 2020: entro il 31 dicembre gli addetti del servizio gestione Imu e Tasi di Palazzo San Giacomo dovranno dimostrare di aver avviato le procedure per il recupero di 60 milioni di arretrati per l'Imu, l'imposta municipale unica, più altri due milioni per la Tasi, il tributo sui servizi indivisibili, anch'esso collegato alla proprietà (o alla detenzione in locazione) di un immobile. In totale fanno 62 milioni di euro che gli uffici preposti devono in qualche modo portare a casa, altrimenti va in tilt il piano degli obiettivi di un Comune che non ammette sbavature: una struttura che procede con metodo, linearità e ritmo, come un perfetto metronomo, senza ritardi né sbavature.
Per raggiungere l'obiettivo è necessario far arrivare, entro la scadenza del 31 dicembre, nelle case di sedicimila napoletani, una lettera di contestazione su presunti errori ed omissioni nei versamenti delle imposte locali, con allegata richiesta di pagamento immediato.
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E siccome c'è fretta, e al Comune nessuno aveva tempo libero per mettersi a stampare e affrancare sedicimila lettere di contestazione, è stato necessario stipulare un accordo con una società che lo facesse al posto degli uffici dell'Amministrazione. S'è deciso che se ne occuperà la Postel, società del gruppo Poste Italiane che chiede due euro a plico, compreso di stampa, imbustamento e consegna: insomma, con 32mila euro il problema delle lettere di messa in mora per migliaia di napoletani è risolto, e anche quello dell'agognato raggiungimento degli obiettivi del settore. La lettera d'incarico alla Postel è firmata dal dirigente Stanco (niente ironia, per piacere, c'è la esse maiuscola), Giuseppe Stanco che è al vertice del servizio gestione Imu e Tasi dell'Area Entrate di Palazzo San Giacomo.
Ma perché è necessario fare questo sprint di fine anno? Perché affrettarsi a chiedere soldi in questi tempi di Covid che portano povertà e disperazione anche in abitazioni un tempo serene?
Qui non c'entra solo il raggiungimento degli obiettivi, la grande fretta è generata soprattutto dal fatto che, trascorsi cinque anni, certe imposte non possono più essere richieste e si rischia di perdere definitivamente il diritto a ottenere quel denaro che serve per sistemare il bilancio sgangherato di palazzo San Giacomo. Ecco perché bisogna affrettarsi, e completare il percorso di imposte non riscosse dal 2015, entro il 31 di dicembre del 2020.
Adesso probabilmente voi (com'è accaduto anche a noi) vi starete chiedendo per quale motivo palazzo San Giacomo s'è lasciato scorrere addosso tanto tempo prima di agire? Cinque anni sono lunghi e qualcuno, in questo lustro, avrebbe potuto iniziare ad agire, almeno per bloccare la scadenza dei termini. E invece il tempo è passato e l'Amministrazione attuale è stata costretta ad eseguire questo sprint di richiesta di danaro proprio nei giorni più difficili della (breve per adesso) storia di questo secolo, quelli della pandemia che ha devastato l' economia.
Il riferimento all'amministrazione attuale non è casuale: generalmente in questi casi ci si difende spiegando che una situazione drammatica e disdicevole come questa è stata ereditata dal passato, da quelli che comandavano prima. Invece in questo caso non c'è possibilità di scaricare il barile dell'imbarazzo: l'amministrazione attuale è esattamente la stessa del 2015, quella che ha dimenticato di riscuotere le imposte e adesso pretende di riceverle tutte in un solo versamento.
Del resto si avvicinano i giorni di festa bisogna essere munifici: cosa chiede il Comune ai napoletani? Un modesto dono da 62 milioni di euro.