Universiadi a Napoli, la vera sfida comincia ora

di Francesco De Luca
Lunedì 15 Luglio 2019, 08:00
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Con la medaglia d'oro dell'Italia di pallanuoto e il magnifico colpo d'occhio offerto dalla piscina Scandone ricolma di passione si sono chiuse le Universiadi campane. Sono stati dodici giorni che hanno portato alla ribalga una regione in grdo di mostrare al mondo la sua faccia migliore, non solo nelle gare e nelle cerimonie. Sembrava che l'evento dovesse finire ancor prima di cominciare, visto che dodici mesi fa l'organizzazione era in alto mare, e invece tutto ha funzionato come neanche i più ottimisti osavano immaginare. Merito di chi ha lavorato con tenacia, come il commissario straordinario Basile, e di una affiatatissima squadra che ha vinto la sua sfida: una meritata medaglia d'oro di cui la Campania deve andare fiera e che può essere fonte di ispirazione per proporre e realizzare altri eventi. Ne è già fissato uno a metà ottobre, la Champions con i fuoriclasse del nuoto alla Scandone, e si avanza l'ipotesi per la candidatura di Napoli alle Olimpiadi giovanili. Certo, i problemi ci sono stati, come quelli relativi ai dispositivi di traffico, ma chi nutriva dubbi sulle capacità della regione ha verificato che questa sa essere la terra del fare. Ecco perché seimila atleti si sono trovati a loro agio, come gli accompagnatori e i turisti che hanno potuto ammirare bellezze turistiche e architettoniche, ma anche sportive. Le Universiadi lasciano un importante patrimonio di impianti da tutelare e, se possibile, migliorare attraverso una sinergia istituzionale. Se lo slogan della Federazione mondiale universitaria è «to be unique», la Campania è stata davvero unica e ammirevole.

Adesso che si sono spente le luci sull'evento, devono restare accese quelle sugli impianti sportivi, quei 70 che sono stati ristrutturati grazie ai fondi messi a disposizione dal governatore De Luca, che affidando la responsabilità dell'evento al commissario Basile è riuscito ad organizzare ciò che sembrava impossibile un anno fa, quando il governo e il Coni nazionale scaricarono sulle «autorità locali» l'organizzazione. Sarebbe gravissimo se queste strutture - apprezzate da dirigenti federali, atleti e spettatori - non venissero affidate a chi ha capacità gestionale. I comuni dovrebbero procedere ai bandi tenendo nella dovuta considerazione il Coni e le federazioni. Per quasi vent'anni c'è stata quasi dovunque una corretta gestione degli impianti affidati a uomini di sport attraverso la legge 219 post terremoto 80: quando quell'assegnazione è scaduta - 10 erano le strutture a Napoli, ad esempio - si è fatto tutto più complicato per le associazioni sportive e per i giovani atleti mentre quelli già affermati sono stati costretti ad emigrare per allenarsi in vista di Mondiali e Olimpiadi.

È stato bellissimo rivedere pieni gli spalti della piscina Scandone o del PalaVesuvio. Ma non si può pensare che splendano esclusivamente in occasione di grandi eventi (possibile l'organizzazione di un turno della Euro Cup di pallanuoto e di una manifestazione internazionale di ginnastica): è la quotidianità il primo obiettivo perché non vi sarà una Universiade, con relativi fondi, all'anno. Il presidente del Coni regionale Roncelli, che con le federazioni ha svolto un importante ruolo nell'evento che si è concluso con la festa a Fuorigrotta, è pronto a fare da intermediario tra i comuni, proprietari degli impianti, e le federazioni sportive (dunque, le società e gli atleti) affinché abbiano titoli nei bandi di assegnazione degli impianti ristrutturati. C'è un esempio di come questa macchina sportiva funzioni ed è quello del centro sportivo Albricci, di proprietà dell'Esercito, nel quartiere Arenaccia. Il Coni e le federazioni hanno investito negli anni scorsi circa 2 milioni e i risultati sono stati positivi, anche con un importante impatto sociale. L'Albricci, la casa del rugby negli anni degli scudetti della Partenope, è diventato il primo centro polisportivo cittadino in attesa che la società Giano, dopo aver vinto il bando, avvii i lavori presso lo stadio Collana, che come ha sottolineato Il Mattino nei giorni scorsi torna ad essere nuovamente off limits dopo le Universiadi. Sull'assegnazione della struttura nel cuore del Vomero, da due anni e mezzo «vietata» agli atleti, nello scorso febbraio la Procura della Repubblica ha aperto un'inchiesta.

L'occasione delle Universiadi non deve essere persa e per questo motivo va istituita e aperta al più presto la cabina di regia ipotizzata dal governatore De Luca ancor prima della cerimonia inaugurale. Lo sport è un impegno quotidiano per le associazioni come per la politica, con le sue problematiche e le sue gratificazioni. Ben venga il contributo dei privati: il patron del Napoli Calcio Femminile, Carlino, sogna di riportare la squadra al Collana, quando tornerà ad essere pienamente fruibile; interessante la proposta di gestione di Grassi, presidente del Napoli Basket che ha acquisito il titolo per il campionato di serie A2 e potrà far giocare la sua squadra nel rinnovato PalaBarbuto. Ma proprio di fronte a questa tensostruttura vi sono le macerie del Palazzo dello sport dedicato a Mario Argento, progressivamente demolito dopo le ultime partite giocate ben 21 anni fa. Quella casa distrutta è il simbolo di ciò che non deve più accadere a Napoli, cioè di un gravissimo stato di degrado, nel caso specifico di morte sportiva.
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