Vincenzo De Luca alla festa dell'unità: terzo mandato e opa sul Pd, ecco il piano d'autunno

Vincenzo De Luca alla festa dell'unità: terzo mandato e opa sul Pd, ecco il piano d'autunno
di Adolfo Pappalardo
Lunedì 30 Agosto 2021, 12:30 - Ultimo agg. 13:13
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Sceglie la festa dell'Unità di Bologna per attaccare il suo partito. Ma d'altronde il governatore De Luca è fatto così e i vertici democratici sanno pure che lui non ha peli sulla lingua. E, ieri sera, davanti a una platea tutta democrat, annuncia due cose del suo futuro che si intersecano con la vita stessa del partito. La prima: «Assolutamente sì al terzo mandato; la seconda: «Serve un congresso per decidere la linea del partito». E fa capire chiaramente l'intenzione di voler scendere in campo per scalare il partito al prossimo voto per deciderne la leadership.

«Assolutamente sì, mi ricandido per un terzo mandato, a meno che non ci sia qualcosa di meglio», dice De Luca a Lucia Annunziata che l'intervista sul palco. «È una demenzialità tutta del Pd: se te ne devi andare a casa dopo uno, due, tre mandati lo devono decidere i cittadini italiani non le burocrazie romane», aggiunge lui spiegando quale sarà la strada: il modello Zaia. «In questo momento la Campania - spiega De Luca - non ha una legge elettorale e non c'è alcun limite.

Dovremmo recepire la legge nazionale e da lì in poi scatta la regola del doppio mandato. Il mio collega Zaia, ad esempio, è al terzo mandato perché in Veneto è stata recepita la legge dopo la sua prima esperienza». In teoria, quindi, fa intendere De Luca che in Campania potrebbe aver diritto ad altri due mandati alla presidenza di palazzo Santa Lucia. 

Ma attenzione perché, per la prima volta, rende pubblico quello che si mormora da tempo: rivendicare un ruolo nazionale nel partito. Scendendo in campo, è probabile, in caso di congresso per giocarsi la leadership del partito.

«Dobbiamo chiarire molte cose del Pd perché io sono fortemente critico. Noi eravamo - ragiona l'ex sindaco di Salerno - al 19 per cento ed oggi lo stesso. In questo anno e mezzo i 5 stelle hanno perso metà dell'elettorato, la Lega più della metà dei voti rispetto alle elezioni europee. Si è messo in movimento, insomma, circa il 30 per cento di elettori ma nessun verso il Pd. Anzi la sua capacità di attrazione è pari a zero». Sui motivi ci arriva un minuto dopo: «Dal punto di vista del programma, il Pd è il partito di cosa?», domanda retoricamente prima di spiegare: «Se un cittadino me lo chiede, io non saprei cosa rispondere. Ma davvero pensiamo parlare a un fronte maggioritario così?». Per il governatore i nodi programmatici sono almeno tre: «La sicurezza, un bisogno fondamentale che noi abbiamo lasciato a Salvini»; «Sud su cui non abbiamo approntato un piano lavoro, come dicevo a Renzi, lasciando a noi l'onere di svolgere un concorso nella Pa anche se il Pd non ha mai detto nulla». E terzo: «La palude burocratica e il reato di abuso d'ufficio che bloccano questo Paese». Da qui l'idea che si stia preparando a scalare il partito: «A questo punto non escludo nulla ma ora concentriamoci sulle elezioni amministrative. Poi al Pd serve subito un congresso per decidere cosa vogliamo essere». 

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E subito dopo elenca quelli che sono gli errori del partito («del nulla», sottolinea). E lo fa con frecce avvelenate che sono tutte rivolte al segretario Enrico Letta con cui, è noto, ogni rapporto è stato interrotto quando il primo era a capo del governo. Ma sciabolate ci sono anche per il ministro del Lavoro Orlando per la vicenda delle delocalizzazioni delle aziende: «Nella vicenda ha ragione Bonomi che ha detto cose giuste e posto questioni vere: se non hai una fiscalità di vantaggio o una uniforme a livello europeo non puoi competere». Eppure, attacca «il Pd parla di tassa di successione, dei 10mila euro da dare ai 18enni, del voto ai sedicenni e ci imbarchiamo per una crociata sulla legge Zan». «Ma questo è il programma del Pd? Con queste proposte va bene se confermiamo il 19 per cento». E proprio sulla legge Zan rincara: «Certo che dobbiamo difendere i diritti, ma non è immaginabile che su questioni morali al di là della politica dobbiamo ideologizzare i problemi. Così com'è il ddl Zan non lo avrei votato». E anzi per De Luca: «La legge non è stata approvata e non sarà approvata». Infine chiude: «Noi stiamo facendo le agora' ma cosa frega ai lavoratori? Quando abbiamo tante cose da ricostruire in un partito che ha ereditato il peggio della sinistra storica e della Dc». Anche se apre uno spiraglio finale: «Il Pd insomma è una casa un po' sgangherata ma abbiamo solo questa per dare una prospettiva all'Italia».

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