Zingaretti si dimette da segretario Pd, Bassolino: «Troppe divisioni, Nicola ha fatto bene: ora congresso vero»

Zingaretti si dimette da segretario Pd, Bassolino: «Troppe divisioni, Nicola ha fatto bene: ora congresso vero»
di Adolfo Pappalardo
Martedì 9 Marzo 2021, 11:00 - Ultimo agg. 15:03
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«Un gesto inevitabile: Zingaretti si è liberato di un peso, vuol dire che la misura era ormai colma», dice Antonio Bassolino, ex sindaco e governatore, che ragiona sul terremoto nel Pd con le dimissioni del segretario. E aggiunge: «Non serve ricucire, serve invece un congresso serio. Come forse non c'è mai stato sinora». 

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Anzitutto lei non è più iscritto al Pd. Come definirla?
«Faccia lei. Sono stato uno dei fondatori ed anzi, dieci anni prima della nascita del Pd, spingevo nonostante le resistenze che c'erano per il partito unico dell'Ulivo che superasse Ds e Margherita».

Ma quale è lo scenario nel suo ex partito?
«Sinora sono stato in doveroso silenzio: mi sono limitato solo a mandare un messaggio privato a Zingaretti: un abbraccio Nicola e forza!.

Questo per dirle come non mi sono associato ai numerosi inviti, alcuni sinceri altri del tutto ipocriti, a ritirare le dimissioni. Perché capisco Nicola dal punto di vista politico e anche e sopratutto dal punto di vista umano. E la situazione era ormai diventata davvero insostenibile se uno come lui, con il suo carattere bonario e tendente sempre a smussare, a cercare sempre e persino fin troppo di tenere tutto assieme, sbotta in quel modo: vuole dire che la misura era ormai colma».

Quindi ha fatto bene a dimettersi?
«È stata una scelta inevitabile: si è liberato come di un peso e la sua decisione obbliga ognuno ad assumersi le proprie responsabilità, altrimenti è troppo comodo».

Colpa del correntismo esasperato che è diventato una guerra tra bande?
«Non si tratta solo di correntismo perché in un partito le correnti esprimono un pluralismo di idee ed opinioni ed anzi, in qualche partito come il Pci, si è dovuto combattere per averlo. Io stesso da giovane dirigente ho combattuto il centralismo democratico. Nel Pd invece erano ormai evidenti fenomeni di frazionismo organizzato, dal punto di vista interno mentre erano meno chiare le differenze politiche, di linea e di strategia. E questo ha reso la situazione insostenibile. E il gesto del segretario, anche per come l'ha fatto e per le parole durissime usate, è il segno che si era arrivati ad un punto di non ritorno, che era ormai stato superato un limite. Ma tutto questo ora può essere salutare se si hanno le armi per fronteggiare la situazione».

Quindi sono irrevocabili?
«Penso di sì e se si vuole dare una scossa salutare al partito ora c'è bisogno dell'impegno di tutti. E, quindi, andare in assemblea ed eleggere un coordinamento che tenga assieme le espressioni fondamentali del partito ma al tempo stesso bisogna andare, appena è possibile, ma incominciando già a discuterne ora, verso un congresso vero. Politico, con posizioni diverse che si confrontino, come da molto tempo non si fa più. Non solo, quindi, su nomi ma su posizioni politiche. Un congresso sul Paese, sull'Europa e sul mondo di oggi».

Ne parla come se nel Pd non ci fosse mai stato un congresso.
«Per congresso intendo una discussione franca su chi si vuole rappresentare e a quali forze parliamo e ci rivolgiamo. Serve una limpida battaglia politica alla luce del sole con documenti politici diversi. Solo così si formano anche le nuove generazioni politiche: non perché un capocorrente ti mette una mano sulla spalla ma perché cerchi di affermare una visione, ti batti per una strategia. Guai, quindi, a rammendare dopo questa scossa, franerebbe tutto ancora di più».

Alcuni hanno puntato l'indice contro l'abbraccio mortale con i grillini.
«Il Pd deve avere l'ambizione di spostare forze: quando l'abbiamo fondato era chiaro che il Pd aveva senso solo come una forza attorno al 30 per cento, come forza popolare. Zingaretti ha fermato la discesa che ci aveva portato al 18 per cento, si è avuta una prima inversione e il Pd ha cominciato in qualche modo a riprendersi ma la risalita è lunga e ardua, se vogliamo porci ancora l'obiettivo al 30 per cento. Ma il populismo si combatte con grandi forze popolari non con gruppi ristretti e se il Pd vuole risalire bisogna partire dal grande mare dell'astensionismo. Perché dentro il quadro delle forze politiche in campo togli poco: bisogna invece parlare al moderno mondo del lavoro che è diverso da quello del passato e alle sofferenze sociali e civili. Questa è la campana che suona per il Pd e per le altre forze di centro e sinistra che hanno problemi di identità e di presenza analoghe ed anche superiori al Pd».

Se si guarda indietro il Pd ha consumato ben 7 segretari in 14 anni: un po' troppi non trova?
«È evidente che qualcosa non va. Specie se si considera quanti governi abbiamo cambiato nello stesso periodo: in Germania o in Gran Bretagna sarebbe inconcepibile. Anche per questo serve un congresso vero sul Pd e sulla sinistra italiana».

Ma Zingaretti avrà commesso anche errori.
«Un congresso serve a riflettere anche sulla sua esperienza: sui suoi sforzi e sulle sue contraddizioni, su primi segni di ripresa anche elettorale e poi invece di nuovi e crescenti difficoltà che l'hanno portato a dimettersi. Per questo serve una discussione che vada indietro nel tempo: riflettere anche sulle contraddizioni e sugli errori che hanno caratterizzato il partito in questi anni».

Eppure un tempo nel Pci si facevano analisi per giorni anche per una flessione di mezzo punto a Castellammare...
«Da tempo, senza alcuna nostalgia del passato, si è perduta ogni riflessione su grandi fatti politici. Persino sulle elezioni, che sono una riflessione sugli spostamenti politici e culturali del Paese. Mentre si è voltato subito pagina e si sono rifatti errori su errori. Da quando siamo piombati al 18 per cento, ma anche quando siamo stati sconfitti a Napoli 5 anni fa o si è perso a Roma con la Raggi».

Molti militanti hanno storto il naso per Zingaretti che si confessa nel salotto televisivo della D'Urso. Che effetto le ha fatto?
«Mi ha fatto simpatia e si vedeva che si era come liberato: era sorridente, rilassato e non aveva la faccia triste degli ultimi tempi, quando si sentiva assediato».

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