I ricordi di Mara Carfagna:
«Occhiali e macchinetta,
​quel passato da bruttina»

I ricordi di Mara Carfagna: «Occhiali e macchinetta, quel passato da bruttina»
di Maria Chiara Aulisio
Lunedì 4 Febbraio 2019, 19:03 - Ultimo agg. 16 Febbraio, 11:29
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Occhialini rossi, magra come un chiodo, con l'apparecchio ai denti per correggere le imperfezioni e i capelli a spazzola, abbigliamento sobrio e a tratti un po' maschile. E poi era precisina e anche un po' puntigliosa. Così finiva che qualche compagno di classe la prendeva in giro: la chiamavano quattr'occhi, oppure musona - perché chi l'aveva mai vista sorridere, la piccola Mara? È che lei, quei denti da adolescente ingabbiati in una rete metallica, preferiva scoprirli il meno possibile, e l'unico modo era tenere la bocca chiusa. Avrebbero dovuto saperlo, gli amici di scuola, che quella ragazzina - in quegli anni non particolarmente avvenente e all'apparenza nemmeno troppo socievole - riservava molte sorprese. Non solo sarebbe diventata una delle donne più belle del Paese - piazzandosi sesta al concorso di Miss Italia del '97 e guadagnando pure la fascia di Miss Cinema -, ma avrebbe percorso a grandi passi anche una straordinaria carriera politica che, da giovanissima responsabile del movimento delle donne di Forza Italia in Campania, l'avrebbe portata fino alla vicepresidenza della Camera, incarico che ricopre tutt'ora.

Andiamo con ordine.
«Da piccola volevo fare la ballerina, amavo la danza classica e la studiavo con impegno, presi anche il diploma di ballo. Mi piaceva talmente tanto che, negli anni in cui frequentavo l'università di Fisciano, iniziai a insegnarla in una scuola di Nocera Inferiore. Ricordo che uscivo la mattina prestissimo, con la mia 500 verde, e tornavo a casa direttamente la sera, distrutta».

Che cosa studiava?
«Giurisprudenza». 

Con quali risultati?
«Direi buoni. Mi sono laureata con 110 e lode, discutendo una tesi sul diritto dell'informazione nel sistema radiotelevisivo. In verità, sui libri ci stavo piuttosto volentieri, ragione per cui decisi che quasi quasi, anziché la ballerina, avrei fatto il magistrato. Non prima però di aver ragionato sull'ipotesi di diventare avvocato o, eventualmente, di avviarmi verso la carriera universitaria che pure come idea non mi dispiaceva affatto: libri, ricerche, approfondimenti... bello, pensavo». 

Idee chiare, insomma.
«Sogni di ragazza. Mi piacevano talmente tante cose che avrei voluto farle tutte. Sono sempre stata attiva e vivace, non mi fermavo mai neanche da bambina. Prima studiavo, cercando di ottenere il miglior risultato nel minor tempo possibile, poi mi dedicavo al resto: la danza, tanto per cominciare, che era la grande passione. Con mia madre guardavamo tutti i balletti che trasmettevano in televisione; quelli dal Teatro Bolshoi erano i nostri preferiti, compravamo le videocassette».

Uno dei luoghi più celebri e blasonati del mondo per la danza classica.
«Infatti, non ne perdevamo uno. Ma non era la mia unica passione».

Quali erano le altre?
«Amavo il pianoforte e la recitazione, per restare in ambito artistico. E poi, il nuoto: quattro anni di agonismo, ho mollato solo perché stava diventando un'attività troppo impegnativa, inconciliabile con lo studio, e a casa mia su questo non si transigeva».

Genitori molto severi?
«Ma no, neanche tanto, però volevano giustamente che mio fratello e io facessimo il nostro dovere. Tutto qui, per il resto non ci veniva negato nulla. Anzi, siccome spesso stavamo con i nonni, perché mamma e papà insegnavano e avevano orari diversi dai nostri, quando ci si ritrovava tutti insieme era una gioia. Il mio rammarico infatti è quello di aver lasciato la mia famiglia troppo presto e non vederla quanto vorrei». 

A proposito di nonni...
«Ricordi indelebili. La nonna è stata una seconda madre per me, i miei genitori dicono che il carattere l'ho preso da lei: determinata e volitiva. Con il nonno ricordo lunghe passeggiate sul lungomare di Salerno, che finivano regolarmente con un cono gelato tra le mani; la nonna invece mi portava a messa: avevo un cappottino blu e un cappellino di velluto dello stesso colore, mi diceva che ero elegantissima e io andavo fiera dei suoi complimenti».

Torniamo ai tempi della scuola: veramente i compagni la prendevano in giro?
«Affettuosamente, ma un po' sì». 

Brutta certamente non lo è mai stata.
«In quegli anni vi assicuro che bella non ero: capelli cortissimi, magra magra, con gli occhiali e la macchinetta... tante compagne invece sembravano già delle donnine. Poi però le cose cambiarono: decisi di farmi crescere i capelli, comprai le lenti a contatto, finalmente mi tolsero anche quei fastidiosissimi ferri dalla bocca e una mattina, davanti allo specchio, scoprii di aver un bel sorriso».

Così si ritrovò in televisione.
«Cominciò per gioco, e per inseguire la mia incontenibile passione per la danza. Un po' di visibilità avrebbe fatto bene anche alla scuola di Nocera Inferiore dove continuavo a insegnare». 

Come ha iniziato?
«Feci un primo provino per partecipare alla Corrida, ma non andò. Però non mollai e tentai di entrare nel corpo di ballo dei Cervelloni, e lì invece mi presero. Poi fu un crescendo: dalla partecipazione a Miss Italia a Domenica In, fino alla Domenica del Villaggio su Rete4 - un programma turistico itinerante che mi ha dato la possibilità di conoscere arte, storia e cultura di una infinità di piccoli e grandi comuni del nostro Paese. L'ho condotto per cinque anni veramente con grande piacere. Ah, ho lavorato anche un anno a I fatti vostri con Magalli».

Bella esperienza?
«La televisione lo è stata certamente, ma sapevo che non era la mia strada e ammetto che, se avessi potuto, avrei scelto molto prima di avvicinarmi alla politica».

Quando ha deciso di farlo?
«Era il 2003, forse il 2004, conobbi alcune protagoniste di Azzurro donna a Napoli, una su tutte: Giuliana Corrado. Ma anche Clorinda Boccia Burattino, ad esempio. Lì è scattata la molla, le vedevo appassionate, lavoravano seriamente, si capiva che credevano davvero in quello che facevano; e io, che avevo grandi pregiudizi nei confronti della politica, mi resi conto che sbagliavo».

Così finì nell'agone.
«Mi ritrovai ben presto a ricoprire il ruolo di coordinatrice nazionale di quel movimento».

Di strada ne ha fatta tanta.
«Tanti erano anche i miei sogni, e non mi sono mai mancati il coraggio, la determinazione e la volontà di inseguirli. Con tenacia, ma non senza leggerezza, imparando a temperare la mia sensibilità e cercando di dare sempre il giusto peso alle cose. Il bello sapete qual è? Che non ho ancora smesso di sognare».
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