L'ordine opposto per «Ex Libris» di
Maya Pacifico, il 27 da Bowinkel

L'ordine opposto per «Ex Libris» di Maya Pacifico, il 27 da Bowinkel
di Cristina Cennamo
Martedì 24 Ottobre 2017, 08:49
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Appuntamento a partire dalle 17 venerdì 27 ottobre per «Ex Libris», l'esposizione di Maya Pacifico ospitata dalla galleria di Paolo Bowinkel a via Calabritto, ad angolo con piazza Vittoria. 
«Nell'ultimo canto del Paradiso», spiega Carla Travierso che ha curato il testo critico della mostra, «Dante vede racchiuse in un punto, come dentro un libro, tutte le sostanze materiali e spirituali, le loro proprietà e il modo in cui interagiscono, unite e compenetrate tra di loro: in tal modo tutto l'universo, a partire dalla terra passando attraverso le sfere d'etere, finisce per convergere nel punto geometrico che rappresenta Nostro Signore».
Un libro, dunque, per rappresentare Dio, la memoria delle memorie, un libro come metafora dell'ordine opposto al caos.
Per Maya Pacifico - la cui opera s'interroga su temi, antichi e contemporanei, quali la memoria e l'anima, la vita e la morte - è ben chiaro il ruolo indispensabile che «il ricordare» ha per l'Uomo e affida al libro l'illusione che da sempre accompagna noi umani, ossia di soffermarsi nel tempo, di sopravvivere al nulla. Un opporsi a ciò che è perituro e che caratterizza il ricordo non affidato ad uno scritto. La scrittura lascia una pagina, un libro, un manoscritto della storia del nostro io, alla ricerca di un'identità interiore, di un'esperienza, di un trascorso, di un vissuto. E' un atto di eroismo nel tentativo di trattenere la memoria che si incarica attraverso i fantasmi dell'immaginazione di lasciarci qualcosa.
Questo estremo tentativo di strappare all’oblio un frammento del passato, spiega ancora la Traverso, diventa così il gesto che rinchiude in sé ogni traccia del trascorso per consegnarla all'eterno, per lottare contro l’effimero, per aiutarci a trattenere più a lungo le tracce del nostro passaggio nell’esistenza, donandoci la possibilità di rimemorare incessantemente.
L'eredità del ricordo, per l'artista, racchiude la tacita volontà di prendersi cura di sé per affrontare la straziante solitudine dell'individualismo a cui ci sottopone la realtà postmoderna. E’un intento di natura sociale, di matrice intergenerazionale per la trasmissione di valori impliciti in una storia, in una memoria, racchiuse in un inconscio individuale e collettivo.
Ecco quindi che l'opera si concretizza attraverso l'ossessivo snaturare un libro squadernando le sue pagine e inserendole meticolosamente sulla tela. Pagine ingiallite, bruciate, evanescenti salvate al corso del tempo come antiche vestigia, assurgono al ruolo di monitore. L'onnipotenza del pensiero tecnologico che ha la supremazia sull'anima, intesa come archetipo dell'esistenza e della capacità immaginativa, impone all'uomo, deprivato della propria creatività, la mera imitazione e una drammatica solitudine dinanzi all'ignoto e all'irrazionale.
Un invito dunque a recuperare la dimensione dell'anima per restituire all'immaginazione la sua centralità nella vita dell'individuo. Alla memoria compete la funzione di preservare l'anima affinché essa non si perda nel mondo del collettivo e del sociale, ma conservi autonomia e indipendenza.
Maya Pacifico giunge ad un estetico e insieme straordinario sistema di rappresentazione grafica attraverso lo stravolgimento dell'essenza di un testo, sottolineando la fragilità e l’obsolescenza di cui sono vittime gli oggetti nella società dei consumi. L'artista realizza un'opera ogni volta unica perché le pagine, sempre diverse, diventano irripetibili. Nel suo emozionante lavoro ciascuno di noi può incontrare il proprio vissuto, la propria identità fatta di emozioni, malinconie, stati d’animo. L’intento introspettivo sollecita all’autoanalisi per cogliere almeno un frammento di ciò che si è, che si è stati e si è ancora o non si è più.
Ancora una volta, non resta altra via per nobilitare la dimenticanza se non la metamorfosi dei nostri ricordi sparsi, perduti, frammentari e sempre più rarefatti.
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