Dalla peste al colera, a Napoli le epidemie in mostra

Dalla peste al colera, a Napoli le epidemie in mostra
di Giovanni Chianelli
Domenica 3 Aprile 2022, 11:20
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Nelle epidemie di una volta i green pass si chiamavano fedi o patenti sanitarie. Il primo epidemiologo, capostipite di una categoria che ha imperversato in tv negli ultimi due anni, è stato il pugliese Michele Sarcone, attivo a Napoli nella seconda metà del 700. E a inizio 800 si poteva incontrare persino qualche no vax ante litteram, come dimostra una vignetta satirica: «Gente che crede che il vaccino trasformi gli uomini in mucche».

È dedicata alle malattie virali e i contagi nella storia la mostra «Pianeta pandemia», in corso fino a giugno nel lazzaretto dell'ex Ospedale della Pace in via Tribunali. Non ci poteva essere migliore luogo per un'esposizione del genere, con i suoi 700 metri quadri, gli affreschi sulle volte e la memoria dei tanti ammalati che l'hanno frequentato. Ideata e finanziata da Gennaro Rispoli, direttore del Museo delle arti sanitarie, racconta le epidemie dalla lebbra citata nel Vecchio Testamento come «figlia primogenita della morte» al Covid, passando per peste, vaiolo, tifo, tubercolosi, poliomielite, malaria, spagnola, poi le moderne Aids ed Ebola, la Sars e la Mers. La mostra è a ingresso gratuito ed è pensata soprattutto per le scuole: cartelloni didattici si alternano ad oggetti presi dalla collezione del museo, come i vestiti dei medici della peste e dei monatti, gli strumenti per combattere i contagi o i profilattici d'antan nella sezione dedicata alla sifilide, con una breve «Storia del preservativo» in veste di consigli per l'uso per le giovani generazioni.

Poi la ricostruzione delle corsie d'ospedale che ospitavano i pazienti, decine di illustrazioni tra cui quelle di Fortunino Matania, comparse nei primi numeri de «Il Mattino», che accompagnano l'area sul colera di fine 800.

Una raccolta di prime pagine del nostro quotidiano correda anche il racconto dell'ultimo colera, quello del 1973.

Molta Napoli nel percorso, per un'iniziativa che spazia dall'Italia al mondo: l'angolo sulla malaria africana è vicino a una raccolta di film con scene di appestati e colerosi, Louis Pasteur è accanto al partenopeo Vincenzo Tiberio, precursore degli studi sulle muffe che diedero il via alla scoperta della penicillina di Alexander Fleming; la stessa scoperta che, ricorda una teca, sarebbe servita a Rituccia, la figlia piccola di Gennaro Iovine in «Napoli milionaria», durante la nottata che non passa mai. Sono esposti i pastori che rappresentano i lebbrosi e gli affetti da vaiolo, realizzati da La Scarabattola, e foto scattate nel 1971 nello stesso lazzaretto, negli ultimi anni di attività del presidio, tra episodi di violenza in corsia che ricordano gli assalti ai pronto soccorso di oggi.
«Quello che accomuna ogni pandemia è un dato: per contrastarla ci vogliono le misure che abbiamo conosciuto ultimamente come coprifuoco e distanziamento fisico. Ciò che molti hanno trovato provvedimenti liberticidi sono necessari», commenta Rispoli che dice di aver proposto all'Amministrazione comunale, proprietaria del sito, di rendere permanente l'esposizione: «Stiamo lavorando per un museo dedicato alle epidemie aperto alle scuole. Sono parte dell'evoluzione dell'uomo, è importante studiarle».
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