«Nel regno di Napoli», proiezione-evento al Modernissimo 40 anni dopo

«Nel regno di Napoli», proiezione-evento al Modernissimo 40 anni dopo
Sabato 10 Marzo 2018, 18:16 - Ultimo agg. 19:08
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Nel 1978, esattamente 40 anni fa, Nel Regno di Napoli di Werner Schroeter è stato presentato al Festival di Cannes. Il dramma descrive una cronaca italiana del dopoguerra basata su una storia familiare napoletana ed è ancora oggi di grande rilevanza. Il pubblico del Montagskino ha l'opportunità di ritrovare sul grande schermo questo straordinario lavoro giovanile di Schroeter, girato in dialetto napoletano in luoghi originali. Lunedì 12 marzo alle 18 al Multicinema Modernissimo (via Cisterna dell’Olio 49/59) il film sarà proiettato grazie al Goethe Institut con la partecipazione di Cristina Donadio, Maurizio Braucci e Wolf Wondratschek. Ingresso: 4 Euro (libero con la Goethe-Card)

In una cronaca che va dal 1944 al 1976, Schroeter racconta il destino di una coppia di fratelli a Napoli. Nel giorno del ritiro dei tedeschi, in un quartiere povero della città viene al mondo Vittoria, e poco dopo suo fratello Massimo. Il padre è un socialista convinto, la madre una devota cattolica. Dopo la sua morte, anche Vittoria si avvicina alla chiesa. Massimo assomiglia a suo padre, lavora come distributore del giornale del Partito Comunista e viene arrestato in una manifestazione contro la guerra del Vietnam.

Cristina Donadio ricorda così il film: “Guardo la locandina de “Nel regno di Napoli” e mi viene una grande tenerezza. Quarant’anni non sono pochi. Vedo me Cristina piccola, 18enne, avevo da poco iniziato a fare teatro, e poi è arrivato anche il cinema. Ma che cinema: ho sempre pensato che l’incontro con Werner Schroeter mi aveva dato il senso di quello che il cinema ha sempre significato per me: qualcosa di profondamente toccante. In questi quarant’anni ho detto tante volte “no” al cinema perché mi sembrava lontano da quel sentimento di Werner e che tutta la squadra di questo film mi avevano fatto conoscere. Werner Schroeter a Napoli fu come una bomba che arrivava dall’altra parte del mondo: lui tedesco che viveva in Messico che veniva a fare un film a Napoli. In molti gridarono un po’ allo scandalo: come si permette questo bizzarro e stravagante regista tedesco dai capelli che gli arrivano ben oltre le spalle, il fisico allampanato, a raccontare qui Napoli dal dopoguerra agli anni di Valenzi? Lui realizzò, invece, un film veramente emozionante, poetico, pieno di rispetto, amore e di grande trasporto per Napoli.

Chiaramente il film a Napoli andò malissimo, fu snobbato, in pochi lo andarono a vedere. Fu invece presentato al Festival di Cannes ed ebbe un grandissimo successo. Ricordo belle recensioni. Raccolse premi nel mondo, anche al Festival di Chicago, è stato molto amato dalla critica. Secondo me è un film che faceva parte del nuovo cinema tedesco ma in maniera più calda: Werner aveva questa particolarità di essere un tedesco “messicano”, per cui Napoli era veramente vicina al suo cuore e alla sua anima.

“La scelta degli attori nel film fu anche abbastanza significativa. Werner fu aiutato in questo da Gerardo D’Andrea: il cast era molto teatrale, forse anche perché il regista amava il teatro e questa recitazione un po’ visionaria, una modalità altra. C’erano Liana Trouché, mogli di Aldo Giuffré, che poi morì in un incidente d’auto, Ida Di Benedetto, che vinse diversi premi per questo film, era la prima volta che faceva cinema, Werner le cucì addosso un personaggio fortissimo, c’eravamo io, Patrizio Rispo e Antonio Orlando. Antonio Orlando è diventato il compagno di Werner, hanno diviso insieme tutto, c’erano anche Peter Berling che aveva prodotto film di Fassbinder (ed è stato suo stretto collaboratore). Un altro grande protagonista era Thomas Mauch, il direttore della fotografia, che poi era il direttore della fotografia di Werner Herzog. Quindi si respirava, una bella, bella, bellissima aria”.

Maurizio Braucci sottolinea: "Nel Regno di Napoli" è un film che racconta di una città (e di un Sud) che ancora oggi, dopo 40 anni, in parte esiste, un regno bello e terribile con regole proprie dettate dalla sopravvivenza e dalla tradizione. Ma soprattutto è un film che racconta drammaticamente di una città classista dove il rapporto tra intellettuali e sotto istruiti è caratterizzato da un profondo senso di irresponsabilità  da parte dei primi verso i secondi. Ai politici e agli intellettuali il regista sembra dire: è lecita l'astrazione filosofica mentre i bisogni e i diritti di tante persone intorno a voi sono rimasti inesauditi? E' la mia precisa posizione: abbiamo tanti talenti, tanta intelligenza ma la democrazia qui da noi è ancora una ferita aperta. Qui nel regno di Napoli, cioè in quel Mezzogiorno di cui Napoli è emblema”.


 
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