Un focus sull’arte presepiale dall’antica tradizione alle rivisitazioni moderne che raccontano l’attualità. «La storia del presepio napoletano» è il nuovo step del Festival 3.0 «Torre Annunziata tra memoria e identità», la kermesse virtuale dedicata ai 700 anni della città oplontina e finanziata con i fondi Unesco. Proseguono gli appuntamenti dell’itinerario artistico-culturale promosso dal Comune, capitanato dal sindaco Vincenzo Ascione, con la direzione artistica di Ignazio Scassillo e il coordinamento di Younick.design alla guida del regista Onofrio Brancaccio. I contenuti sono visionabili sulla web tv www.700torre.it e sui canali social 700Torre.
L’appuntamento sul presepe, visionabile dal 6 gennaio, riporta una testimonianza sull’arte natalizia di Salvatore Giordano, presidente dell’Associazione Italiana Amici del Presepio- Sezione Torre Annunziata, fondata nel 1967 e che ha lo scopo di promuovere l’arte presepiale e tramandarla alle nuove generazioni.
Un viaggio nel presepe napoletano del 700, con le tre scene classiche: quella della natività in alto perché rappresenta il bene, quella della taverna in basso perché esprime il male e quella della fontana che incarna la purificazione.
Ma anche il racconto di presepi attualizzati, come quello realizzato nel 2012 dall’associazione per il Comune di Torre Annunziata.
«In questo presepe – dice Salvatore Giordano - si racconta la storia socioeconomica della città attraverso risorse che la hanno resa un’eccellenza ma anche risorse trascurate e non sfruttate. E’ rappresentato il corso Umberto con l’essiccazione all’aperto della pasta, il culto della Madonna della Neve, le attività di pesca e le bellezze archeologiche, come Villa Poppea che in passato ospitava i nobili romani ed oggi accoglie i turisti. Ci sono anche risorse ed eccellenze abbandonate come i Pupi Corelli che potrebbero dare lustro alla città, ma sono dimenticati. Inoltre, anziché i classici pastori ci sono gli scugnizzi che vanno verso la Natività: è un messaggio di speranza e di ritorno all’etica delle giovani generazioni».