Sepe e il suo «Cristo rivelato» nella personale a Castel dell'Ovo

Sepe e il suo «Cristo rivelato» nella personale a Castel dell'Ovo
di Giovanni Chianelli
Sabato 30 Ottobre 2021, 12:23
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Al Castel dell'Ovo c’è la personale “Domenico Sepe, la materia e l'eterno: l'Arte svelata”. La mostra, a cura della museologa Daniela Marra, è patrocinata dal Comune di Napoli ed è da oggi al 22 novembre. Sepe ha esposto in importanti gallerie internazionali, legando negli anni i suoi lavori ad alcuni dei luoghi iconici: come Matera, Capitale Europea della Cultura 2019. 

Un’arte, quella di Sepe, oggi a confronto con Napoli, le sue stratificazioni e il sacro. È espressa in un viaggio dall'argilla al bronzo, dalla caducità all'eterno, in una continuità storica che omaggia i grandi maestri: la scultura come esaltazione dell'antico nella potente drammaticità del racconto contemporaneo. Al centro un'opera come "Il Cristo rivelato", in esplicito dialogo con quella di Sammartino.

Sepe, cosa vedremo in esposizione?

12 opere tra cui il “Cristo rivelato”, la scultura chiave. La mostra è anche un po’ il racconto dell’evoluzione di questa mia figura, cui ho lavorato nella sala delle carceri del castello. Per me è un simbolo, e lo è, chiaramente, in relazione a Napoli. Il progetto è pensato e realizzato in collaborazione con Daniela Marra. Un rapporto con la museologa che si è snodato tra colloqui e incontri, poi diventati sculture. La nuova opera è di grandi dimensioni e nasce proprio da un nostro incontro in bottega. In questo senso l’esposizione è anche un dialogo tra discipline, un incontro tra anime e universi con l’arte, intesa come linguaggio universale.

Marra ha anche scritto un volume su lei, “Domenico Sepe. La materia e l’eterno”.

Un lavoro editoriale nato proprio da questa nostra fusione e dalla lettura spirituale dell'autrice, ovvero ciò che lei vede e sente nella scultura. Si parla di una lettura non visibile. Il confronto nasce quasi come l'esigenza di dover rendere eterna attraverso la parola scritta questo rapporto di bellezza tra linguaggi. Il testo è una sintesi naturale dell’incontro tra la scrittrice e me, e riesce a cogliere degli aspetti finora mai messi in risalto. La Marra racconta l’anima con una lettura profonda e stratificata, ma anche lirica e storiografica.

Come nasce il Domenico Sepe artista?  

La prima suggestione è rappresentata dal mio viaggio in Grecia e dalla visita al Partenone. È stato questo il primo, vero approccio con l’arte, con la bellezza, con la statuaria greca e soprattutto con la grandezza architettonica delle colonne.

Un insieme di emozioni che hanno aperto il mio rapporto con la classicità. Per il resto ho avuto una formazione classica: all’Accademia sono stato allievo di Giovanni De Vincenzo. La mia formazione si è ampliata con la frequentazione di botteghe e l’incontro con la fusione. Amo la scultura a cera persa e il bronzo. Fondamentale è risultata la mia collaborazione con alcune fonderie artistiche, in particolare con la Chiurazzi.

Cosa rappresenta per lei l'arte?

Un’esigenza di comunicazione, soprattutto; ma lo è stata fin dal principio, dalle origini dell’uomo. Questo vale per i tre linguaggi principali: pittura, scultura e architettura. Oggi l’arte continua a essere un grande strumento di espressione. Ed è strumento divino, un dono che abbiamo per poter comunicare con un modo diverso dalla parola.

Ci sono linguaggi che preferisce ad altri?

Per me l’arte è un linguaggio puro, assoluto, non ha un’etichetta. Ho un’unica visione dell’arte, piuttosto si può discutere della sua ispirazione. E la fisicità umana continua forse a essere l’elemento ancora centrale, lo sarà per sempre, probabilmente. L’artista celebra il corpo umano e lo esprime tramite il figurativo. O meglio, mediante un’esaltazione del bello e del dramma. Un’opera che racconta il dolore, come può essere la Guernica di Picasso, dove c’è la deformazione dell’essere umano, non è seconda a un’opera di Canova che racconta la bellezza.

Ha parlato di dialogo tra le arti.

Di incontro tra anime e universi: l’arte è un linguaggio universale e quindi, così come la musica può dialogare con la scultura, la poesia può farlo con la pittura e così via. Spesso definiamo un'espressione figurativa bella quanto una poesia, e viceversa. È anche questa una fusione. Un unico universo che, tramite le sfumature, riesce a trasferire nell’individuo emozioni, sentimenti e l'idea del bello.

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