Teatro Piccolo Bellini in scena “Il Colloquio”: il carcere visto da chi aspetta

Teatro Piccolo Bellini in scena “Il Colloquio”: il carcere visto da chi aspetta
Giovedì 19 Maggio 2022, 14:50
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Torna in scena a Napoli dal 24 al 29 maggio il pluripremiato spettacolo “Il Colloquio” del Collettivo lunAzione, uno dei più freschi e innovativi gruppi del teatro napoletano contemporaneo, e lo fa al Piccolo Bellini, in via Conte di Ruvo. Eduardo Di Pietro firma la regia e il progetto dello spettacolo che, ambientato all’interno di un carcere, vede i tre interpreti Renato Bisogni, Alessandro Errico e Marco Montecatino vestire i panni di tre donne in coda mentre attendono stancamente l’inizio degli incontri con i detenuti. Le tre figure femminili portano con sé oggetti da recapitare all’interno, una di loro è incinta: in maniera differente, desiderano l’accesso al luogo che per ognuna custodisce un legame. Aiuto regista è Cecilia Lupoli, i costumi sono di Federica Del Gaudio.

“Il Colloquio” prende ispirazione dal sistema di ammissione ai colloqui periodici con i detenuti presso il carcere di Poggioreale a Napoli ed è frutto di una serie di interviste a donne che hanno vissuto o vivono questo legame carnale con l’istituto di pena: «Nel corso delle ricerche» scrive Eduardo Di Pietro «ci siamo innamorati di queste vite dimezzate, ancorate all’abisso, disposte lungo una linea di confine spaziale e sociale, costantemente protese verso l’altrove: un aldilà doloroso e ingombrante da un lato e, per contro, una vita altra, sognata, necessaria, negata». Nello spettacolo, la tematica della reclusione viene smorzata dalla leggerezza di una ironia grottesca, che scaturisce dall’incontro surreale fra le tre donne.

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Fra legami negati e solidarietà imposta, “Il Colloquio” è, come recita la motivazione del Premio Scenario Periferie, vinto nel 2019 “la fotografia spiazzata e spiazzante di un’antropologia indagata nelle sue ragioni sociali e culturali profonde e apparentemente immodificabili, dove il femminile è restituzione di un maschile assente e quindi fatto proprio, con efficace scelta registica, da tre attori capaci di aggiungere poesia all’inesorabilità di storie già scritte e aprire spiragli onirici imprevisti”.

Per le tre donne la reclusione dei detenuti, di cui si fanno carico, coincide con la stessa esistenza: i ruoli maschili si sovrappongono alle vite di ciascuna, ripercuotendosi fisicamente sul corpo, sui comportamenti, sulle attività, sulla psiche.

La detenzione, allora, può diventare come la morte: una fatalità vicina che deturpa l’animo di chi resta.

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