​Francesca Frendo, chiacchiere dal sofà:
«Noi, come color che son sospesi»

Francesca Frendo: chiacchiere dal sofà e progetti in «Fase 2» #Versoil4Maggio
​Francesca Frendo: chiacchiere dal sofà e progetti in «Fase 2»​​ #Versoil4Maggio
di Salvio Parisi
Mercoledì 22 Aprile 2020, 10:55
5 Minuti di Lettura
E allora un passo al giorno si procede verso la “riapertura”: non si guarda più tanto chi dalla stanza o alla finestra, canta, suona o fa ginnastica. Sempre più persone auspicano un restart opportuno e vigoroso, ma altri al contempo temono l’uscita sulla “nuova normalità” che ci attende, vivendo lo spettro del down lavorativo, della distanza “ultra sociale” o addirittura il rebound infettivo.
 
 #IoRestoACasa si trasforma in #Versoil4Maggio e s’inizia a ipotizzare la ripartenza su ogni possibile settore, individuale o collettivo, facendo i conti coi nuovi criteri fisici e logistici delle regole là fuori.
Opinioni e proiezioni in “Fase 2”: ne parliamo al telefono dal sofà con Francesca Frendo, archi-designer specializzata in interni e dècor, d’istanza a Napoli ma con un range di committenza che la porta frequentemente in viaggio tra Milano, Roma, Costa Azzurra, Veneto e Sardegna.
 
 
Allora Francesca,
Da uno stato di sospensione surreale che ci ha intorpiditi durante questo lockdown a una proiezione reale (che per certi versi sa di salto nel buio) tra sole due settimane.
Come percepite l’attesa in famiglia o nell’entourage dei tuoi amici ed interlocutori?

Mi viene di citare l’Inferno di Dante «Io era tra color che son sospesi…»
Il salto dal “certo” del nostro tepore domestico a “là fuori” verso qualcosa di enigmatico che non coincide più col nostro immaginario emotivo. In famiglia abbiamo persino apprezzato questa pausa forzata: con Alessandro, mio marito, e i miei figli Federico e Allegra abbiamo condiviso, parlato, sorriso e interagito, per quanto ognuno individualmente tanto “social”. Questo momento cosi particolare ci ha rafforzato e guidato a riflettere sul valore della famiglia unita, ne abbiamo senz’altro tratto linfa e positività. Con gli amici sono in continuo contatto e confronto in direzione del fatidico 4 maggio: unico denominatore è ahimè il timore del contagio.
 
Distanza tra le persone, dispositivi obbligatori, digitalizzazione con smart-working (dove possibile) e diagnosi: l’ipotesi delle “quattro D” di Fontana sull’uscita in Lombardia risuona su news e tabloid, ma riflette le effettive necessità imminenti con cui dovranno confrontarsi tutti gli Italiani.
Come immagini la cosa da cittadina e da libera professionista?

Le quattro D lombarde saranno sicuramente opportune, purchè adottate da tutte le regioni e di conseguenza dai cittadini italiani. Educare ancora una gran fetta di popolazione alla vera digitalizzazione non sarà impresa facile, ma è altresi fondamentale. Siamo decisamente in ritardo, questa è purtroppo la nuda verità. È vero, ci adegueremo ai dispositivi di prevenzioni, alle distanze di sicurezza, allo smart working, alla diagnosi collettiva... ma troppe cose sono rimaste inadeguate e dovremo cavalcare velocemente l’onda per recuperare. La mascherina secondo direttiva Cee (…magari anche design), il termometro digitale e uno smartphone multi-app (semmai anche la famigerata “Immune”) diventeranno parte integrante del nostro nuovo life style.
 
 


Si tornerà a lavoro: smart projecting ed esecutività, il primo in studio o da casa e il secondo on the road (tra sopralluoghi, scelta materiali e follow-up cantieri).
Cosa prevedi che dovrà cambierà necessariamente?

Si tornerà al lavoro con nuovi sistemi d’incontro coi clienti: anch’io come tutti, sto già organizzando in studio le distanze desk e una zona triage, dove i clienti potranno indossare copriscarpe, igienizzare le mani e munirsi di mascherina. È chiaro che la mia professione è articolata tra l'attività progettuale da studio e quella più tecnica sui cantieri: stiamo per questo aspettando nuove direttive sulla gestione dei cantieri con gli operai, che oltre a indossare tutti i dispositivi di sicurezza verranno monitorati all'ingresso per la temperatura corporea. Quanto alla scelta dei materiali coi clienti, invece, si organizzeranno sicuramente appuntamenti individuali negli showroom dei vari fornitori.
 
Nel derby tra salute ed business, su cosa credi che per primo dovrebbe far leva la nuova riqualificazione urbana nel dopo-Covid?
Direi che questa crisi rischia di riflettersi pesantemente anche sulla condizione abitativa delle fasce deboli di popolazione. In questi mesi di necessaria permanenza domestica è spesso emerso il disagio di famiglie costrette H24 in ambienti piccoli e under-comfort: si dovrebbe avviare un piano di investimenti per riqualificare l’edilizia residenziale pubblica, accanto all'impegno per una migliore sanità e servizi sociali in grado di garantire un welfare che argini precarietà e indigenza. 
Dovrebbe esser richiesto all'architettura contemporanea un impegno straordinario di pianificazione e ricerca sui temi dell'abitabilità e l’improvement globale: dagli spazi domestici, alle aree pubbliche urbane, alla tutela ambientale.
 
Riconvertire spazi pubblici, esercizi commerciali e aziende, adeguare servizi e aree comuni, rimodulare gli impianti di ospitalità, l'offerta turistica e l’accoglienza nell’intrattenimento e la ristorazione.
Sarà opportuno riconsiderare anche e specialmente nel settore dell’utenza pubblica una serie di implementazioni. Per gli esercizi in ambienti “interni”: un ingresso-filtro triage di sanificazione indumenti e scarpe (immagino speciali cappottiere, calzari, gel igienizzanti), ottimizzazione degli impianti d’aereazione con processi ciclici di ozonizzazione, nuove dimensioni di desk vendita o tavoli/tavolini risto e bar con pannelli separè per garantire le imprescindibili distanze minime. Per l’outdoor invece la problematica di sterilizzazione e aereazione è assai snellita.
 
Distanza fisica (più che “sociale”), vetrate e plexiglass, sanificazione…
Soluzioni temporanee o sistemi a cui dovremo definitivamente adeguarci (leggi sottostare)?

…Direi di no, auspicabilmente parliamo di adeguamenti e accessori necessari che ci accompagneranno in un periodo “terapeutico”, immagino fino all’avvento di un vaccino.
 
«Less is more.»
Mai come nelle previsioni di questo momento la massima di Mies van der Rohe che celebra la seduzione della semplicità di linee pare suggerire la direzione di una progettazione sempre più “esile” da perseguire in futuro.

Il mio punto di vista progettuale resta invariato come segno stilistico: minimo ed essenziale. Alle linee semplici affiancherei anche i percorsi agili e puliti: il primo indice di una buona progettazione è che i percorsi funzionino.
Anche quelli per la risoluzione del Covid.
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