«La Partita nel fango» di Maradona ad Acerra: presentati docufilm e libro

«La Partita nel fango» di Maradona ad Acerra: presentati docufilm e libro
di Emiliano Caliendo
Mercoledì 23 Febbraio 2022, 13:21 - Ultimo agg. 19:56
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Una macchina del tempo di ricordi maradoniani narrata da chi ha vissuto in prima persona Diego Armando Maradona, oppure ha posto la sua esistenza in parallelo a quella del campione argentino nei suoi anni napoletani. È questa la sensazione che lascia negli occhi dello spettatore il docufilm della giornalista Mediaset, Gabriella Simoni, intitolato “La Partita nel Fango - Un giorno nella vita di Maradona”, presentato il 22 febbraio nell’Antisala dei Baroni del Maschio Angioino di Napoli. Tra i tanti ospiti, anche l’assessore comunale allo sport Emanuela Ferrante e i campioni del primo scudetto partenopeo Antonio Carannante e Pietro Puzone. Il titolo del documentario non è casuale: il fango è quello dello Stadio Comunale di Acerra, la partita Napoli (o meglio una compagine composta da alcuni calciatori azzurri, su tutti Maradona, ed esponenti del tifo organizzato) contro Real Santa Lucia, incontro di beneficenza il cui ricavato andò ad una famiglia che non poteva permettersi di pagare un intervento chirurgico maxillo-facciale al figlio malato. La data è il 18 marzo del 1985. Il racconto di Gabriella Simoni sviscera i retroscena di quella partita, ricavandone un incontrovertibile ritratto della gigantesca umanità del Maradona uomo. Il calciatore più forte del mondo che, senza pensarci due volte, accettò l’invito del compagno di squadra Pietro Puzone, cittadino acerrano, per giocare una partita di calcio su uno sgangherato campetto di periferia, più simile ad una risaia fangosa che ad un terreno regolamentare.

«Il desiderio di raccontare Maradona nasce dal fatto che non occupandomi di calcio e amando follemente Napoli, ho cercato di capire il nesso tra un campione e questa città. Maradona ha fatto un sacco di cose, raccontarlo nella sua interezza è impossibile. Raccontare Maradona e Napoli insieme è ancora più difficile. Ho pensato che raccontare una giornata in particolare dell’amore tra la città e il campione potesse servire per spiegare il perché di questa scintilla, di questo grande amore» spiega l’inviata speciale Simoni. «Ogni frase delle varie testimonianze – aggiunge - potrebbe costituire un sommario di quella che è stata la vita di Maradona e del suo rapporto con la città. Da chi mi dice, nei Quartieri Spagnoli: chi è che non sbaglia nella vita? A chi mi ha detto che per tutti coloro che partono dal basso e arrivano in alto è impossibile perdere l’equilibrio; a chi mi ha raccontato un’emozione con ancora il groppo alla gola di 35 anni fa; a chi mi ha confidato che, pur essendo un grande calciatore, non sarebbe stato così grande se non avesse giocato con Maradona».

L’inviata di Studio Aperto, nota per i resoconti dai campi di battaglia piuttosto che dai campi di calcio, riesce ad inquadrare con disarmante consapevolezza la possibilità delle infinite narrazioni da poter costruire intorno alla parabola di vita, sui generis perciò unica, del Pibe de Oro: «La storia di Maradona è una storia che potrebbe essere raccontata all’infinito, ci sarà sempre un giorno o un sentimento che non abbiamo raccontato, perché è stato grandissimo e controverso. Ed è questo che a me piace di lui. Mi piacciono le persone in grado di mostrare i loro lati deboli e meno amati dagli altri, perché fa parte del coraggio».  

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A giocare quella partita, il giovane centravanti del Real Santa Lucia, oggi avvocato ed opinionista sportivo, con un passato da procuratore di tanti campioncini in erba, Tommaso Mandato. «Oggi conosciamo benissimo i valori atletici e statistici di Diego – afferma - ma credo che sia stato messo poco in risalto l’uomo Maradona. E questa partita, che nel tempo è diventata una pietra miliare, rappresenta il vero Maradona, con il suo grande cuore, che scende in campo nonostante tutto per salvare la vita di un ragazzo. Maradona è il dio del pallone ma fa parte anche del calcio, perché attraverso lui si è sviluppato il business di questo sport». Parole, quelle di Mandato, che si trasformano in aneddoti e in racconto di vita sportiva, ma non solo, nel suo libro “Il Centravanti nel pallone”, presentato insieme al docu-film. Le immagini del match di Acerra – per cui bisogna ringraziare l’unico cronista presente quel giorno, Pasquale Sansone – mostrano lo spettacolo calcistico di un Diego che fa il Maradona come se fosse una finale di Coppa dei Campioni, segnando una valanga di gol, di cui uno prodromico a quanto accadrà l’estate successiva al Mundial messicano. Nove a uno il risultato finale, ma non fa testo. L’importante era salvare la vita di un giovanissimo napoletano. Motivo per cui Corrado Ferlaino, il mitico di presidente di quel Napoli leggendario, agli albori del suo ciclo vincente, non si arrabbiò più di tanto quando, il giorno dopo, dai giornali, venne a scoprire di quel match fuori programma. «Nacque per combinazione. Dio lo volle e si fece. Con tutti i giocatori sorgono sempre dei problemi. Ogni giocatore ha la sua mentalità, il suo cervello. Da questo punto di vista, Maradona era uno dei migliori, tra quelli che creavano meno problemi. Lui voleva solo andare in campo e vincere» dichiara l’Ingegnere poco prima della proiezione del documentario, scavando nell’album dei ricordi della sua presidenza. Ferlaino non si sottrae, poi, ad un commento sul Napoli attuale: «Mi aspetto una grande partita con il Barcellona che ha questi giovani bravissimi ma non ha più Messi e gli altri campioni. Sono fiducioso da tifoso. Al Napoli manca un po’ di fortuna per riuscire a vincere il titolo. Fortuna che ieri (lunedì ndr) c’è stata, pareggiando a tre minuti dalla fine contro il Cagliari. Non ci sono grandissime squadre in questo campionato: anche l’Inter, il Milan e la stessa Juventus hanno giocato male. Spero molto nel Napoli per cui faccio un ragionamento da tifoso: credo che il Napoli abbia già vinto lo scudetto».

A descrivere il rapporto tra Maradona, Napoli e i napoletani, ci ha pensato lo scrittore Maurizio De Giovanni: «Parliamo di un elemento cardinale nella cultura napoletana, pur non essendo napoletano. Per i napoletani, Maradona è un elemento narrativo della stessa città. Noi ci distinguiamo in generazioni: quelle prima di Maradona, la generazione di Maradona e quelle che sono venute dopo. Il dovere preciso della generazione di Maradona è quello di raccontarlo a chi non c’era. Questo ha fatto Tommy con il suo bellissimo libro. E io sono felicissimo di essere stato con lui a leggerlo, immaginarlo e digerirlo». La conclusione su cui concordano tutti gli ospiti, per citare De Giovanni, è che «Maradona non è mai stato così tanto Maradona come quando andò a giocare nel fango ad Acerra». Un giocatore assoluto «perché giocava, in senso proprio». «Troppo spesso - ha infine ricordato De Giovanni - utilizziamo questa parola riferendola ad un affare, un business, perdendone lo spirito in sé. Maradona non ha mai perso lo spirito del gioco. Faceva divertire perché si divertiva lui in primis». Anche nel fango di Acerra.

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