Cibo, cucina, recitazione femminile, due monologhi che confluiscono in un atto unico, con una radio a fare da trait d'union: ecco gli ingredienti di «Il talismano della felicità» del Collettivo LunAzione che va in scena in Sala Assoli venerdì 24 e sabato 25 marzo con doppio turno alle ore 19:00 e alle ore 21:00.
Attrici, cuoche e registe dello spettacolo, Martina Di Leva e Cecilia Lupoli in un’altare-cucina condurranno gli spettatori e le spettatrici in un viaggio immersivo, attraverso due fulminanti monologhi al femminile in cui il cibo è protagonista di vicende spiazzanti e grottesche: ne «L’arrosto» una donna legata alla sedia instaura un irresistibile dialogo dal sapore beckettiano con il suo aguzzino, mentre in «Arcano I» a parlare è la celeberrima assassina Leonarda Cianculli, che ci conduce negli inquietanti meandri della sua macabra vicenda.
Il menù che accompagna i due atti unici è composto da un aperitivo («Rosso in Fm»), un primo morso (Maltagliate emiliane patate e provolone d’Irpinia), un secondo morso (Baci ardenti di Porco al flambè di cognac) e un dessert (Zite al cioccolato croccante). La prenotazione è obbligatoria, i posti nella sala sono limitati.
«L’idea è nata in risposta alla call del Festival Play With Food rivolta a compagnie Under 35, in cui si chiedeva una proposta di regia che mettesse insieme due monologhi – scrivono le attrici-registe nelle note di regia -. Cercando i punti in comune abbiamo deciso che quello che volevamo costruire era un viaggio sensoriale che, esplorando appunto tutti i sensi, tenesse lo spettatore immerso in un’esperienza quasi ipnotica, fino allo svelamento finale».
Ada Boni, nel suo celebre ricettario di fine 800, «Il talismano della felicità», doveva certamente pensarlo. Ma si può anche esser sazi nutrendo corpo e anima in altro modo: l’esaltazione dei sensi o la soddisfazione di bisogni intimi e finanche perversi, come può essere un omicidio. In scena si vuole rivivere la catarsi che porta con sé l’atto del mangiare/cucinare in un ambiente universale come appunto la cucina. Il pubblico è l’invitato speciale, che condivide con le cuoche- attrici palcoscenico e portate, pensieri e fatiche di due vite arrivate al limite della sopportazione. La preparazione del pasto diventa quindi il momento di confessione di un peccato grave − parliamo di due assassine − ma altrettanto necessario per le protagoniste che si illudono di trovare la loro felicità. I due monologhi confluiscono in un atto unico, il cui trait d'union è una radio che autonomamente decide cosa fare ascoltare e perché.
Un podcast? Un programma di cucina? O il flusso di pensieri delle protagoniste che, misteriosamente, questa radio riesce a captare e trasmettere? A ogni spettatore sarà data una cuffia wireless, biglietto di sola andata per questo viaggio immersivo e sensoriale. Continuano le note: «Nella lavorazione dei podcast ci siamo avvalsi dell’aiuto di un sound artist che ha rielaborato i suoni di una cucina miscelandoli e integrandoli nelle storie, trasformate in due radiodrammi trasmessi simbolicamente da una radio. I piatti presenti nei testi vengono cucinati e gustati al momento e accompagnati da vino rosso sangue; la scenografia è una vera e propria cucina che permette di avere i fuochi accesi, e dunque ogni ingrediente emana il suo profumo fin dall’inizio. Il pubblico osserva la preparazione delle pietanze, scopre i segreti del mestiere, assiste alla trasformazione degli elementi, trattati come sostanze alchemiche da elaborare. Il parallelismo tra l’alchimia e la cucina è lampante: il riferimento alla figura dell’arcano I dei tarocchi, nominato anch’esso nelle storie ascoltate, richiama fortemente il mestiere del cuoco, che ha in mano tutti gli strumenti del lavoro: la coppa, che è il pentolone del mondo, il bastone, che è il mestolo con cui amalgama gli ingredienti, e la spada-mannaia per tritare. Mette ordine al caos, così come le protagoniste mettono ordine nella loro vita».
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