Parole come bombe, "Il Terzo Reich" di Romeo Castellucci a Procida 2022

Parole come bombe, "Il Terzo Reich" di Romeo Castellucci a Procida 2022
di Giovanni Chianelli
Domenica 4 Settembre 2022, 13:54
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Procida si illumina a intermittenza. Non è un riferimento alla proposta del programma di capitale della cultura 2022 che procede spedito, con qualità, e dopo la pausa di agosto vive un settembre intenso tra musica, letteratura, arte. E’ l’effetto di “Il Terzo Reich”, l’installazione teatrale proposta da Romeo Castellucci al tenimento agricolo di Terra murata nei due primi giorni del mese.

All’ingresso vengono offerti tappi di gomma per le orecchie e presto si scopre perché: su un muro sono proiettate migliaia di parole del vocabolario italiano al ritmo di venti centesimi al secondo, e ogni parola è accompagnata da una sorta di sparo, i suoni convulsi confezionati da Scott Gibbons. 50 minuti così.

Parole in successione, colpi sparati, in sottofondo l’armonizzazione. La selezione avviene apparentemente random, la prima parola è secchio, l’ultima orizzonte. Senza pausa, gli occhi e la mente possono solo provare a catturare l’immagine scagliata contro, il lemma sbucato e già fuggito.

Il fondatore della Societas Raffaello Sanzio ha così esemplificato l’idea della dittatura. Una sequenza vorticosa, violenta, ininterrotta, di termini che come compaiono già perdono di senso. Vanificati dal prossimo, dispersi nel totale. Non si ha il tempo di riflessioni né richiami: “L’affastellarsi frenetico delle nominazioni non lascia nessuno spazio alla scelta o al discernimento” si legge nelle note di regia. Lo spettatore può solo farsi alcune domande: quanti ne ricorderò? Quanti ne conosco? E soprattutto, pensato con un filo d’ansia, ci sarà stato qualcuno della Societas che si è preso la briga di studiarne la successione? Perché in alcuni passaggi le parole sembrano legate da una relazione arcana, più grafica che semantica. E anche il suono potrebbe assecondarla: termini più lunghi come smacchiatore corrisponderebbero a suoni impercettibilmente più prolungati, rap o ape da spari più lapidari. La penultima parola delle – forse – 15mila apparse è vittima. Così gli spettatori, che in molti scappano o durante l’esecuzione abbassano il capo, per proteggersi dalla scarica.

Ma l’effetto è comunque raggiunto: sia che si resti, travolti dalla valanga, sia che si giri la testa, per distrarsi dalla mitragliata, sia ancora che si scappi inorriditi. È il potere assoluto che suscita reazioni opposte ed estreme. Fino a quella più insospettabile: la noia. L’assuefazione. La nuova abitudine all’assurdo, al non sense, anzi, alla fine del senso. La conclusione è anticipata dal rallentamento di suono e apparizione dei termini. Come un atterraggio dopo l’ottovolante. Quando finisce, quando si scende dalla giostra impazzita, si pensa: incredibile stare quasi un’ora così. Figuriamoci decenni.

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