A Napoli arriva Cuòre: sostantivo maschile, lo spettacolo con drammaturgia di Angela Di Maso interpretato da Daniela Giovannetti e Alvia Reale - che firma anche la regia – in scena dall’11 al 15 maggio al Ridotto del Mercadante, per la rassegna «Innesti» programmata dal Teatro Nazionale nella sala al primo piano del teatro di Piazza Municipio.
Uno spettacolo dunque che parla di chi il teatro lo fa e di teatro vive, che nasce dopo il lungo silenzio scenico imposto dalla pandemia come necessità e bisogno di parlare di sé: «Non c’è agonia più grande – scrive nelle note Alvia Reale – che tenere una storia non raccontata dentro di sé».
Alvia Reale ha parlato del progetto: «Dopo questo anno drammatico, il pensiero di tornare a lavorare nello stesso modo, con un regista che sceglie per te il testo, con un teatro che sceglie per te i compagni di lavoro e le modalità, ci è parso non sopportabile. Ci siamo prese quindi la responsabilità di fare una scelta in autonomia. Nel frattempo, io personalmente, ho dovuto fare i conti con la morte di mia madre, con il suo funerale deserto, con la paura di non essere più neanche in grado di saper raccontare delle storie. Di questo abbiamo parlato con Daniela, quando ci siamo incontrate davanti ad un Teatro chiuso. Abbiamo azzardato: Perché non parlare di noi? “Non c’è agonia più grande che tenere una storia non raccontata dentro di sé”. In fondo noi siamo le storie che abbiamo vissuto, che ci hanno dischiuso orizzonti, che scriviamo con la nostra vita e che impariamo a trasmettere. Per fare questo però, avevamo bisogno di un Drammaturgo che rendesse materia Poetica e Teatrale i nostri racconti. Subito abbiamo pensato ad Angela, con la quale da tanto volevamo collaborare. Angela è una drammaturga piena di grazia e di talento, ed è in grado di trattare anche le nostre “zone d’ombra”. Perché non ci sono solo storie buone, ci sono anche storie di odio, di dolore, di inimicizie e delusioni. E così, ricordando quelle che eravamo mentre ballavamo “con” Don Lurio, bisognerà affrontare un passato che potrebbe schiacciarci. In fondo, come scrive Karen Blixen «tutti i dolori possono essere sopportati se vengono messi in un racconto, o se si narra, su di essi, un racconto».