Teatro, le torture naziste ai malati mentali: in scena l'«Olocausto minore»

Il Centro Teatro Spazio punta i riflettori su una pagina poco conosciuta della storia del Novecento

Una scena dello spettacolo teatrale «Qui sosta in silenzio, ma quando ti allontani parla!»
Una scena dello spettacolo teatrale «Qui sosta in silenzio, ma quando ti allontani… parla!»
Lunedì 23 Gennaio 2023, 18:22
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«Qui sosta in silenzio, ma quando ti allontani… parla!» è uno spettacolo che ci riporta ai tempi del nazismo, mostrandocelo da un altro aberrante punto di vista, forse sconosciuto ai più. Troilo Mazür è un uomo tedesco con disabilità mentali, figlio di un colonnello ucciso in un agguato. Dovrà dimostrare di non essere affetto da malattie tali da farlo rientrare nel programma T4, che prevedeva il diritto dello Stato a sopprimere le cosiddette «Lebensunwertes Leben», vite indegne di essere vissute, «mentalmente morte», «gusci vuoti». Un’infermiera nazista, mandata a valutare le condizioni dell’uomo per decidere se sottoporlo o meno al programma, detto anche «Olocausto minore», cercherà di salvarlo a tutti i costi. Lo spettacolo mette in scena la follia che portò alla soppressione di oltre duecentomila disabili tedeschi e che permise di mettere a punto metodi poi utilizzati per lo sterminio degli ebrei.

Tale programma, attuato nell’ambito dell’Eugenetica e dell’igiene razziale, argomenti assai diffusi nella Germania di quegli anni cupi, mirava a diminuire le spese statali derivanti dalle cure e dal mantenimento nelle strutture ospedaliere dei pazienti affetti da tali disabilità. «Un disabile costava la bellezza di 1460 marchi l’anno… tenerli in vita era improponibile e per giunta in guerra. E poi si sa, con i matti e gli storpi non si va da nessuna parte». Ancora una volta il Centro Teatro Spazio propone un modo diverso, un taglio originale per portare in scena vita e cultura, scegliendo questa volta una pagina tristemente nota della nostra storia e cercando, anche in questa produzione, di puntare i riflettori su vicende meno note, ma che nel nome della cultura andrebbero forse conosciute da tutti perché, come dice Primo Levi: «Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre».

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