Mimmo Jodice, chiacchiere dal sofà: «A casa ho riscoperto l'amore per il jazz»

Incontro con Mimmo Jodice #IoRestoACasa
​Incontro con Mimmo Jodice #IoRestoACasa
di Salvio Parisi
Venerdì 10 Aprile 2020, 18:25 - Ultimo agg. 23:43
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Mimmo Jodice è uno dei grandi nomi nella storia della fotografia italiana, in bilico tra Napoli e il resto del mondo, da sempre attento protagonista del dibattito culturale internazionale che lo ha portato a coniugare arte e sociale con spirito innovativo e ricercatezza classica. Amelio, Lia Rumma, Trisorio negli anni ’70 e ‘80 coi più interessanti artisti delle neo avanguardie nell’allora scena napoletana: Warhol, Beuys, Kounnellis, Kosuth, Lewitt, Nitsch e tanti altri. Classe 1934, Jodice ha permeato la fotografia del suo linguaggio sapiente, che ad oggi resta ineguagliabilmente partenopeo e universale.

Siamo “virtualmente” entrati nello studio di casa sua per chiedergli di condividere qualche istante di queste giornate casalinghe e le suggestioni del suo #IoRestoACasa.
 

 

Buongiorno Maestro,
L’isolamento “terapeutico” che stiamo vivendo rallenta necessariamente gli spostamenti di ognuno e stempera certe tensioni collettive, ma al contempo innesca i moti della mente e amplifica la ricerca di impressioni, interesse, passioni, conoscenza, pathos…
«Io resto a casa» è lo scriptum più diffuso su ogni media: proviamo a trovarne anche aspetti di beneficio e utilità.
Ecco perché chiedo anche a lei di testimoniarlo in questo breve incontro.

Inizialmente il consiglio di restare a casa mi ha creato un senso di fastidio, di ribellione. Solo il pensiero di tante persone coraggiose, della loro dedizione e del pericolo terribile che affrontano ogni giorno, mi ha fatto capire che non è più tempo di egoismi.
Pacificato dalla necessità, ho sentito per la prima volta che il tempo era mio, non più divorato da lavoro, scadenze, impegni. Ora finalmente aveva tempo per dedicarmi a piccoli piaceri che avevo dimenticato come leggere il giornale sulla terrazza, al sole, curare le piante, sfogliare qualcuno di decine di libri accumulati dappertutto, sui tavoli, sui davanzali delle finestre, per terra. E soprattutto avere tempo per i figli. Per Barbara che è costantemente accanto a noi, per Francesco che ogni sera ci parla da Milano e le affettuose, lunghe videochiamate con i nipotini che ci raccontano la loro giornata, ci mostrano i disegni e le letterine dedicate a noi. Strano e meraviglioso come questo tempo così drammatico riesca a donarci dei momenti nuovi, colmi di serenità ed affetti.
 
 

Lo scenario là fuori in queste giornate rimanda all’aura sospesa, la realtà rarefatta e quasi irreale di certe sue foto: non è silenzio, né indolenza o vuoto. Ma allora il suo “Tempo interiore” è arrivato e visibile a tutti?
Non so se la città come la vediamo e la sentiamo in questi terribili giorni corrisponda a ciò che  esprimo molto spesso nei miei lavori, il mio “tempo interiore”: “Confini”, “Mediterraneo”, “Transiti”, “Attesa” hanno  una continuità nel silenzio e nella bellezza.
Ed allo stesso modo mi chiedo se quello che sta accadendo ora ci porterà ad un tempo interiore, ci spingerà ad essere meno apparenza e più onestà, meno violenza e più compassione, meno abbracci mondani e più sincera attenzione per i sentimenti delle persone intorno a noi. 
 
Nel suo lavoro il linguaggio della nostra città passa per il mare e la storia, quel mare nostrum e i monumenti che con grande attualità da paesaggio e archeologia diventano persone: questa bellezza salverà il “nostro” mondo?
Non so se la “Bellezza” salverà il mondo: è certamente balsamo e quiete, ma abbiamo anche bisogno di una società più equa e più giusta.
 
Il suo idioma fotografico scavalca la land art e diventa materia viva, anzi vivace, soprattutto nelle immagini della nostra terra e poi dei nostri uomini. Oggi si chiama people e street photography, ma lei come prima Doisneau, Erwitt o persino Weegee ne ha fatto un’indagine sociale e antropologica.
Pur continuando il mio lavoro di ricerche, non è venuto mai meno il mio impegno sociale e politico: avevo bisogno di testimoniare e battermi per una società più giusta. Così sono nate le inchieste sul lavoro minorile, nelle carceri, negli ospedali, nelle fabbriche, per il colera a Napoli e durante il terremoto a Napoli e in Sicilia.
Quella che oggi si chiama people e street photography, io l’ho sempre chiamato impegno sociale, politico e civile.
E quindi non posso non pensare a tutti coloro che stanno dedicando la loro vita per salvare tanti di noi. Li ringrazio dal profondo del mio cuore.
 
Giorni di casa: cosa o chi sta riguardando e rileggendo dalla sua biblioteca?
Sono a casa con mia moglie Angela. Il silenzio ci piace e ci piace molto avere tempo per rovistare nei cassetti, tra i libri accumulati dappertutto, andare allo studio (è al piano di sotto) e sistemare i lavori e l'archivio.
Amo riguardare i libri di fotografia di grandi fotografi che ho iniziato ad acquistare fin da quando ero giovanissimo. Molti di questi artisti sono stati di grande esempio per me. Oggi ho una grande biblioteca dedicata e spero un giorno di metterla a disposizioni di giovani appassionati.
 
Le piace ascoltare musica? Quale genere o chi preferisce?
Leggiamo molto, ma soprattutto ascoltiamo musica. Sono sempre stato un appassionato di musica classica e jazz. Tra le vecchie cose proprio in questi giorni ho trovato la mia iscrizione ad un Jazz Club Napoli del 1957. Entusiasmato da questa scoperta, abbiamo tirato fuori tutta la nostra collezione di vinili ed abbiamo rimesso in funzione un vecchio giradischi. Da tempo non ascoltavo quei musicisti che avevo amato molto: Armstrong, Davis, Ellington, Monk, Parker, Gillespie, Goodman.
 
I film «dal divano» che ama rivedere in queste sere con sua moglie?
Sono sempre stato poco amante di film in televisione. Amo il cinema. Ma se posso scegliere preferisco comunque un film classico. In occasione dei nostri 50 anni di matrimonio, i nostri figli ci hanno regalato 50 film classici che vanno dalla nouvelle vague, al neorealismo, alla fantascienza, ai film storici.
 
Un’ultima nota su un suo “rimedio” contro il tedio che molti stanno vivendo in questo momento tra l’ansia del contagio e la cadenza rallentata delle giornate.
Non ho bisogno di un “rimedio” contro la noia, il tempo che si dilata nel silenzio è ricchezza e opportunità per un artista. Da sempre il mio lavoro è rivolto al silenzio, lontano dai clamori e rumori del nostro vivere odierno.
Se non avessi a cuore, se non mi angosciasse profondamente il dramma ed il dolore di tante persone, sarei quasi felice del mio tempo dilatato. Finalmente posso approfittarne per dedicarmi a tanti progetti lasciati da parte. Preparare una mostra per il dopo, lavorare su un probabile libro? Ed ecco le mie giornate scorrere veloci e abbastanza serene.

(foto di Barbara Jodice)
 

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