Disturbi specifici dell'apprendimento, come combattere contro i falsi miti: «Vogliamo essere messi sullo stesso piano»

«È come se ad una gara dicessimo ad una persona di partire 100 metri indietro. Non sarebbe corretto»

Disturbi specifici dell'apprendimento, come combattere contro i falsi miti: «Vogliamo essere messi sullo stesso piano»
di Emanuela Di Pinto
Giovedì 27 Aprile 2023, 10:37 - Ultimo agg. 21:33
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Il dibattito pubblico, negli ultimi anni, ha iniziato concentrarsi sul tema delle neurodiversità nel tentativo di promuovere l'inclusione e il successo scolastico e lavorativo di coloro che hanno dei disturbi specifici dell'apprendimento.

Conosciuti con l'acronimo di DSA, secondo una delle ultime indagini realizzate dal MIUR, risalente al 2020-2021, circa il 5,4% degli studenti che frequentano la scuola a qualsiasi livello,  convivono con questa caratteristica che, se non affiancata a un percorso abilitativo adeguato e dall'uso degli strumenti compensativi, può portare ad un effettiva difficoltà nell'apprendimento rispetto ai compagni di classe. Insomma, si potrebbe sempre di più trasformare in un ostacolo che non da la possibilità al ragazzo/a dislessico/a di avere accesso alle conoscenze nella stessa maniera degli altri. 

I DSA non sono dovuti a un deficit dell'intelligenza, da problemi psicologici e nemmeno da deficit sensoriali. Non devono essere definiti una malattia poiché non sono conseguenza di nessun danno organico ma, semplicemente, di un differente funzionamento del cervello riguardo i processi di scrittura, lettura e calcolo. Nonostante negli ultimi anni sia aumentata la conoscenza intorno al tema dei disturbi specifici dell'apprendimento si sono cementati falsi miti che sono ancora molto difficili scardinare. Il classico “è intelligente ma non si applica” che, molto spesso nelle scuole italiane viene pronunciato quando non vengono individuati i campanelli dall'allarme che dovrebbero spingere ad effettuare l'adeguato iter diagnostico per arrivare a certificare il disturbo. Per capire meglio cosa sono i DSA e sfatare quelli che sono i falsi miti più comuni a riguardo, abbiamo parlato con Martina Marcialis vice coordinatrice e responsabile social gruppo giovani dell'Associazione Italiana Dislessia.

«I disturbi specifici dell'apprendimento, anche noti come DSA, sono delle caratteristiche riguardanti lettura, scrittura e calcolo. Solitamente si presentano in comorbidità quindi difficilmente troveremo una persona che, magari, è solo discalculica o solo disgrafica» spiega Martina. Nonostante molti pensino il contrario, la dislessia non è l'unica neurodiversità che fa parte di questa grande “famiglia” che sono i disturbi specifici dell'apprendimento. «La dislessia è una mancanza di automazione nella lettura. Il ragazzo dislessico impiega tanto tempo e tanta fatica a leggere, la lettura non è fluente e ha molta difficoltà nella comprensione del testo» secondo quanto spiegato da Martina, il ragazzo/a dislessico/a mette in moto un processo che lo porta a concentrarsi in maniera particolare sulla lettura non focalizzandosi per capire cosa sta leggendo

«La disgrafia riguarda invece il tratto grafico, c'è una difficoltà nella motricità affine. Il disgrafico, quindi, impiega tanto tempo, tanta energia e tanta concentrazione per scrivere bene e ha difficoltà anche nella gestione dello spazio del foglio» chiarisce. «La disortografia si caratterizza per gli “orrori ortografici”. Il ragazzo/a conosce tutte le regole ma non riesce ad applicarle (...) non riesce a sentire neanche gli accenti». Diffusissima è anche la discalculia che riguarda una difficoltà nella manipolazione dei numeri, i calcoli veloci e sviluppare operazioni matematiche. «Il discalculico ha difficoltà nel fare i calcoli in colonna, eseguire le procedure matematiche e c'è una mancanza di automazione che porta anche a non ricordare le tabelline» ha spiegato chiarendo quanto, molto spesso più di una di queste caratteristiche coesistano in una stessa persona che ha un DSA.

«I falsi miti su di noi sono veramente tantissimi» racconta Martina, spiegando la sua esperienza di ragazza dislessica, disgrafica e discalculica. «Molti credono che la dislessia sia una malattia, sfatiamo questo mito - dice ironicamente - è una neurodiversità. Chi è dislessico, nasce dislessico e rimane dislessico non lo diventa, questo credo sia molto importante da capire». Uno dei luoghi comuni più dolorosi che riguarda le persone con DSA è l'essere definiti, in maniera del tutto decontesualizzata, come “stupidi” o “incapaci di impegnarsi nello studio”. In realtà la questione risulta essere molto più complessa di così. «Non è assolutamente vero. Anzi, per fare l'iter diagnostico dobbiamo affrontare una serie di batterie oltre che di lettura, scrittura e calcolo e anche il test del quoziente intellettivo - spiega Martina - perchè si possa parlare di dislessia e avere una diagnosi di questo tipo, il risultato deve essere nella media o sopra la media».

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Altro falso mito diffusissimo, in particolare nella scuola italiana, riguarda l'idea secondo cui gli studenti con DSA siano “avvantaggiati” grazie agli strumenti compensativi dispensativi. Indicati dalla legge 170 si tratta di mezzi che “sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta nell’abilità deficitaria”. Insomma, «è come se ad una gara dicessimo ad una persona di partire 100 metri indietro.

Non sarebbe corretto poiché tutti non avrebbero le stesse possibilità» chiarisce Martina. «La stessa cosa è se il ragazzo/a con DSA non può usare gli strumenti compensativo dispensativi. Non è avvantaggiato o facilitato (...) ma vogliamo essere messi tutti allo stesso piano». 

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