Maurizio Marchesan, il pescatore di Caorle: «I granchi blu danneggiano le reti e nessuno ci dà una mano»

Maurizio Marchesan pescatore
Maurizio Marchesan pescatore
di Federica Repetto
Giovedì 28 Aprile 2022, 17:02 - Ultimo agg. 17:08
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CAORLE - Il granchio blu continua a proliferare anche nella laguna di Caorle. Fermare la diffusione di queste specie aliene è praticamente impossibile e quindi il problema andrebbe affrontato in modo diverso. Potrebbe diventare una fonte di reddito per i pescatori e rivelarsi un'importante risorsa economica per la città. Ce lo troveremo, prima o poi, in ristorante.

Maurizio Marchesan è un pescatore di professione da tre generazioni, vive in simbiosi con la laguna e vorrebbe proteggerla.

Ha 65 anni, abita a Caorle, è sposato con Maria Giovanna Canta, e ha due figli Genny e Massimiliano. Dagli anni Ottanta trascorre parte delle sue giornate in uno splendido casone che gestisce, con amore, lungo il canale Nicesolo. «I granchi blu – commenta Maurizio Marchesan dopo aver preso in mano una delle sue reti - ci fanno tanti danni, anche alle reti a tramaglio. Purtroppo nessuno ci da' una mano». Marchesan vive in simbiosi con la laguna e vorrebbe proteggerla. «Io lotto per questo ambiente – commenta - da una vita. Servono però leggi che ci tutelino. E' inutile parlare di natura solo con la bocca, bisogna parlare con i fatti. Non c'è rispetto per niente. Non sono contrario al turismo, ma quando vedo motoscafi e persone che non hanno alcun rispetto per il nostro ambiente, questo mi fa male. E' grazie a noi che esistono ancora queste realtà. Se succede qualcosa in laguna lo segnalo al Comune, ai Vigili, alla Protezione civile. Però non ho alcun ricambio di soddisfazione per lo meno da parte di autorità e politici. I politici parlano tanto di casoni, a loro serve per fare pubblicità alla spiaggia e al turismo. A loro non interessano. Servono solo a noi, che professiamo questa passione. Nella mia vita sono andato contro anche tanti politici perché rispetto la natura. Mi da' fastidio vedere una persona che butta una scatoletta di cartone di tremoline in acqua e mi risponde con un “tanto è biodegradabile”. E cosa significa. Che è da buttare in acqua? Rispettiamo la natura o vogliamo solo dire rispetto la natura. Questa è la differenza tra noi e loro».

«Sin da piccolino – ricorda - quando ero alle elementari, mi nascondevo in barca per andare a pesca con mio papà. Mio padre non si accorgeva neanche che ero a bordo, quella volta non c'erano i telefoni ed era costretto a tornare indietro per dire a mia mamma che ero con lui, altrimenti si sarebbe preoccupata. Mi portava nel casone di mio zio, che era di mio nonno e che si trovava in un altro luogo rispetto a questo». A differenza dei suoi fratelli ha scelto di dedicarsi alla laguna e ha recuperato uno dei casoni più affascinanti che si trova nella laguna di Caorle dedicandoci tutta una vita. «Ho creato questo casone – conclude - nell'81 trasportando la concessione di mio nonno. Mi trovo nel territorio della Valnova. Mi pago l'affitto del terreno e il casone è mio. Porto avanti una storia di Caorle da generazioni. Lo so che esistono casoni storici più del mio, però mi sento di dire che la storia la faccio io, un pescatore, non chi ha soldi e compera un casone. Questo è tutto un altro discorso. Se si prende il casone per fare la “mangiata” è giustissimo, però non si entra a far parte della storia. Io sono un pescatore nato, da una vita, e ancora lo faccio. Il mio orgoglio è proprio questo. Mi sento differente dagli altri. Certamente siamo tutti amici, mi sento tuttavia parte di questo mondo». «Da cambiare – conclude - ci sono tante regole. Non trovo difficoltà come dicono sul fatto che manca la pesca. Mancano i giovani perché non vengono inseriti nel mondo della pesca». Maurizio Marchesan ripone la rete che appende ad asciugare. Il pesce pescato è ancora vivo nelle nasse immerse nell'acqua. Il suo sguardo si perde nell'orizzonte della laguna. Proprio come faceva lo scrittore Ernest Hemingway che si innamorò di questi luoghi e delle sue antiche abitazioni.

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