Jesolo, il direttore del reparto intensivo Covid: «Vedo famiglie intere infette. Precauzioni non rispettate»

Jesolo, il direttore del reparto intensivo Covid: «Vedo famiglie intere infette. Precauzioni non rispettate»
Jesolo, il direttore del reparto intensivo Covid: «Vedo famiglie intere infette. Precauzioni non rispettate»
di Fabrizio Cibin
Mercoledì 13 Gennaio 2021, 09:38 - Ultimo agg. 09:39
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JESOLO - «Zone arancioni o rosse? Non spetta a me dirlo, la cosa fondamentale sono i comportamenti responsabili ed i risultati sono tali da ritenere che non sia così». Fabio Toffoletto ha appena terminato il quotidiano turno nel reparto di terapia intensiva del Covid-Hospital di Jesolo, che dirige, quando risponde al telefono. L'ennesimo turno, di giornate tutte uguali, settimane tutte uguali, mesi tutti uguali, così come succede da marzo.


Dottore, come sta andando?
«Così come il collega dottor Lucio Brollo di malattie infettive, non ci fermiamo mai, h24, sette giorni su sette».


Ormai portate la mascherina tutto il giorno. 
«Una delle cose che faccio appena posso, naturalmente quando mi trovo da solo, è togliere la mascherina: è un atto di liberazione. Anche se abituato a portarla, perché lo facevo anche prima, anche per dieci, dodici ore di fila in sala operatoria, credo non ci si abituerà mai. Un conto è farlo per lavoro, un conto nella quotidianità». 


Com'è la situazione in terapia intensiva?
«È sempre una situazione impegnativa.

Ed è ancora presto per dire che si inizia a vedere la luce. Non abbiamo mai smesso di lavorare con il reparto pieno, anche aiutando altre realtà. È un grosso risultato il fatto che siamo sempre riusciti ad essere autonomi con i pazienti del nostro territorio. Per quanto riguarda l'età delle persone decedute, purtroppo le morti riguardano varie fasce d'età, dunque anche con persone che non possono essere considerate anziane. Insomma, la gravità della malattia continua ad esserci». 


Nella seconda fase della pandemia, cos'è che l'ha più colpita, umanamente e professionalmente? 
«Rimango sempre colpito tutte le volte che dobbiamo intubare delle persone che sono coscienti e sveglie: vedi nei loro occhi, nelle loro espressioni, l'ansia e la preoccupazione di non sapere come andrà a finire. È una cosa che percepisci sempre e che diventa pesante anche per noi che facciamo questo tipo di lavoro».


A Pasqua siete stati travolti dai doni dei cittadini che vi ringraziavano per il lavoro svolto: non sembra che a Natale ci sia stato lo stesso atteggiamento. 
«La gente è un po' stanca di questa situazione. Comunque sia, importante è che ci sia il riconoscimento della nostra abnegazione e della nostra professionalità, per cui fa molto più piacere un sentito grazie per quello che si fa, che un dono. E questo atteggiamento c'è ancora. Purtroppo ci sono situazioni anche estremamente gravi, con persone che vengono a mancare e si può comprendere lo stato d'animo dei parenti».


Lei parla di una situazione sempre difficile e mai mutata: era forse meglio tenere tutto completamente chiuso?
«Non spetta a me dirlo: fondamentali sono i comportamenti responsabili di ogni persona. Se ne ho visti? Io guardo ai risultati e questi sono tali da ritenere che non sia stato così. Non è un problema di chiusura totale o meno, ma di intelligenza e di responsabilità. Quando vedi famiglie intere infette, vuol dire che il comportamento richiesto non è stato rispettato». 


Forse ci sono troppe deroghe nelle restrizioni? 
«È anche vero che la legge ti consente di bere alcolici fino a un tasso alcolemico di 0,50, ma non per questo uno deve bere in continuazione fin dal primo mattino. La legge dà delle indicazioni di massima, poi ci vuole il comportamento civico di ogni persona: e questo lo vedo molto scarso. Alla base di tutto il comportamento responsabile: in assenza di questo si può fare qualsiasi chiusura, ma il risultato non cambia». 


Alla fine, dottor Toffoletto, si è vaccinato anche lei? Perché sembrava dovesse essere il primo dell'Ulss 4, ma poi non se ne è saputo più nulla. 
«Certo che mi sono vaccinato. E non è importante se per primo o secondo, ma l'averlo fatto e avere avuto la possibilità di lanciare il messaggio alla gente dell'importanza di vaccinarsi. E la risposta dei sanitari è stata encomiabile. Da parte di tutti c'è stata una grande dimostrazione di responsabilità, civile e sociale. La vaccinazione sta andando a velocità straordinaria in Veneto e questo ci permetterà di vedere la luce. Sono convinto che la situazione andrà sempre meglio e pian piano potremo ridurre quelle distanze che ora siamo costretti a tenere».
 

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