L'economista suor Alessandra Smerilli: «Ragazze, il primo passo è l'indipendenza finanziaria»

L'economista suor Alessandra Smerilli: «Ragazze, il primo passo è l'indipendenza finanziaria»
di Franca Giansoldati
Mercoledì 28 Ottobre 2020, 11:01 - Ultimo agg. 29 Ottobre, 07:30
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Il fatto è che l’economia, per quanto possibile, deve tornare ad avere un’anima. E l’Europa, nel percorso del post pandemia, dovrà dimostrare di essere davvero progettuale verso le donne nella speranza che tante belle parole, ascoltate ultimamente nel dibattito sul Recovery Plan, non rimangano lettera morta. Suor Alessandra Smerilli, economista, docente di economia all’Auxilium, prima donna a ricoprire il ruolo di Consigliere dello Stato della Città del Vaticano e a capo della task force sul Covid voluta da Papa Francesco (una specie di think thank per le coordinate del futuro) ha pochi dubbi in proposito. Ha appena terminato un webinar con il Nobel dell’economia Joseph Stiglitz alla Pontificia Accademia delle Scienze e con il Messaggero mette a fuoco una serie di punti.

Un’economia con l’anima: non è un paradosso?

«Affatto. L’economia va sganciata da una mera razionalità basata sul binomio mezzi-fini, dove il criterio unico è l’efficienza. Mi pare che finora abbia dimostrato di avere qualche problema. Ritrovare un’anima significa ritrovare degli obiettivi. Agli inizi del secolo Pareto si compiaceva che era riuscito a scrivere un intero manuale di economia senza mai nominare una sola volta la parola valori. Sganciare i mezzi dai fini, pensando che poi dei fini se ne occuperà qualcun altro, ha significato solo un accumulo di problemi che, in prospettiva, diventeranno sempre più schiaccianti, non ultimo l’aumento delle disuguaglianze incontrollato».

Più facile a dirsi che a farsi.

«Bisogna solo cominciare a guardare le cose da un altro angolo. È l’economia che ormai ci spiega tutto, il linguaggio economico è usato persino nella scuola, pensiamo al termine: “crediti formativi”. Ma questo è penalizzante perché il filtro economico modella la realtà. Pensiamo alla sanità: se noi guardiamo a questo settore attraverso lenti economiche cogliamo solo costi e ricavi. Con la pandemia abbiamo visto che cosa vuol dire. Quando si dice che i problemi economici non possono essere solo economici significa che dobbiamo armonizzare crescita con solidarietà, sussidiarietà, bene comune».

In tutto questo l’Europa dove sta?

«Rispetto alle altre parti del mondo, sebbene con i suoi limiti, non possiamo non vedere che l’Europa sta facendo tantissimo. Per esempio sul tema dell’ambiente, del digitale, della transizione energetica o alla grande questione femminile. L’Europa ha una visione molto lucida.

Anche sulle misure relative ai fondi legati alla ripresa. Sulle donne poi è stato messo bene a fuoco il fatto che sono state le più danneggiate dal Covid nei settori in cui lavorano. E vorrei aggiungere anche un altro aspetto che è sotto gli occhi di tutti e che dovrebbe fare riflettere per il futuro».

Quale?

«Che i sette Stati che hanno dato migliori performance nella pandemia sono guidati da donne. Ci sarà pure un motivo. E non è un caso. Le donne riescono a fare rete, network. Forse perché hanno una visione a spettro più ampia, vedono il mondo attraverso la lente della cura, traducendo questa capacità in bene comune. In questi giorni sono stata a Ginevra per seguire una serie di incontri sulla distribuzione dei vaccini. Stiamo lavorando a che non ci sia la corsa al vaccino, penalizzando quei Paesi che non potranno accedervi per mancanza di connessioni e fondi. Le maggiori organizzazioni internazionali con le quali mi sono rapportata sono a trazione femminile. E posso certificare che funzionano particolarmente bene».

Non vede il pericolo che le donne vengano messe da parte nella rotta finale del Recovery Plan?

«Purtroppo il rischio che il tema venga messo in un angolo esiste sempre. Del tema femminile si parla tantissimo ma poi spesso al giro di boa non risulta di interesse generale. Se non ci sono donne che spingono in quella direzione la tematica avanza a fatica. Come se non fosse naturale prendere in considerazione questa dimensione».

Lei fa parte anche della Commissione della ministra Bonetti.

«Abbiamo lavorato tanto e messo insieme suggerimenti, anche di carattere pratico, per assorbire il divario crescente tra uomo e donna. Per esempio perché non dotare le ragazze, al compimento dei 18 anni, di una carta di credito? Sembrerebbe forse banale ma una buona fetta di donne non ha ancora il controllo delle proprie finanze. E, come sappiamo, il primo tassello dal quale iniziare a costruire qualcosa di diverso è l’indipendenza finanziaria. Un’altra misura riguarda le donne che lavorano in ambito accademico dove le valutazioni vengono fatte in base alle pubblicazioni. Perché non scontare il periodo delle maternità? I dieci anni di carriera di un uomo non sono i dieci anni di una donna che ha avuto due gravidanze, con meno tempo e meno concentrazione a disposizione. La pandemia ha esacerbato il divario e ci vogliono misure mirate».

Papa Francesco l’ha voluta come consigliera dello Stato della Città del Vaticano, come è andata?

«Non me lo aspettavo, non sapevo nemmeno che cosa significasse. È stata una sorpresa ma non ho la più pallida idea di come sia nata questa nomina, forse quando ho partecipato al Sinodo sui giovani come uditrice, parlando alle plenarie. Mi sono concentrata sul mondo del lavoro e dei giovani, di una economia che li deve tornare a guardare. Forse è stato quello...».

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