Costa Concordia 10 anni dopo: i ricordi dei pontini a bordo

Costa Concordia 10 anni dopo: i ricordi dei pontini a bordo
Venerdì 14 Gennaio 2022, 05:01
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LE TESTIMONIANZE
Dieci anni fa, a bordo della Costa Concordia che naufragò a due passi dell'isola del Giglio, c'era un nutrito gruppo di persone provenienti dalla provincia di Latina. Erano partite da Civitavecchia per partecipare al talent Professione Lookmaker e si sono ritrovate nel bel mezzo della tragedia. C'erano attori del calibro di Francesca Rettondini e Manuela Zanier, che preferisce non rievocare quei momenti, ma anche registi, cameraman, fotografi e cantanti pontini. Si trovavano tutti insieme allo stesso tavolo del ristorante perché avevano deciso di brindare e rifocillarsi subito, senza riposarsi prima in camera. Questa decisione, chissà, è stata quella che gli ha permesso oggi di essere qui e raccontare quello che è accaduto. Tutti ricordano distintamente il rumore dei piatti e dei bicchieri venuti improvvisamente giù quando alle 21.45 la nave urtò il più piccolo degli scogli di Le Stole, situato a circa 500 metri dal porto dell'Isola del Giglio, provocando uno squarcio di 70 metri. Tutti hanno preferito ottenere il risarcimento base di circa 10-13mila euro piuttosto che tenere aperta la ferita per lungo tempo e provare ad avere, come qualcuno, anche 90mila euro per lo stress subito.
Tra i 4.200 sopravvissuti c'è il fotografo di Latina Amleto Pane, direttore della fotografia del talent. «Abbiamo sentito un boato racconta i piatti sono volati e è andata via la luce. Ci hanno detto di stare calmi perché era solo un generatore, ma non ci abbiamo creduto. Con me c'era la cantante Veronika Cutonilli che voleva tornare in cabina, ma le ho detto di no. Ricordo che pochi attimi dopo era già il caos: tutti correvano verso le scialuppe di salvataggio, la nave cominciava a incrinarsi e iniziava a entrare acqua». Per Amleto il caso ha voluto che si trovasse nella parte giusta della nave e che avesse con sé, forse per abitudine, la macchina fotografica, l'unico oggetto che è riuscito a salvare. Sono andati persi per sempre tutti gli altri oggetti del mestiere. «Ricordo poi quando ci hanno accolto all'isola del Giglio e ho realizzato continua -. Mi è sembrato di aver vissuto l'esperienza del Titanic».
Allo stesso tavolo c'era Nando Milano, che faceva parte della produzione televisiva dello stesso programma, e la moglie, che ricordano di quella cena che non sono neanche riusciti ad assaggiare. «Le scialuppe erano poche, la gente era impaurita e noi siamo saliti a bordo senza neanche il giubbotto di salvataggio, niente. Ricordo la nave che si incrinava sempre di più racconta Nando e poi ricordo la salvezza dell'isola del Giglio. Lì il nostro gruppo di lavoro è riuscito a prendere una stanza. Non abbiamo fatto come altri che si sono chiusi dentro, noi abbiamo fatto entrare chi aveva bisogno. Saremmo stati in venti, c'era gente anche dentro agli armadi. Lì abbiamo capito che avevamo scanzato la morte e è arrivato il freddo, dentro e fuori. Da quella stanza di albergo quando siamo andati via abbiamo portato tutto: tende, tappeti, coperte. Mia moglie l'ho coperta con un rotolo di carta, come fosse una mummia, perché quando c'è stato il naufragio eravamo comodi al ristorante e non avevamo con noi tante cose».
Nonostante la perdita di migliaia di euro di attrezzature del mestiere, Nando ha avuto solo 11mila euro di risarcimento e anche lui, come Amleto, ha preferito accettare la somma piuttosto che trascinare per anni in tribunale questa dolorosa storia. Tre anni dopo i fatti ha ricevuto indietro un borsello con le chiavi della macchina e 3 euro dentro. Della squadra era anche Giuseppe Racioppi, anche lui di Latina, regista. Dopo la tragedia è stato ospite in svariate trasmissioni televisive perché è stato uno dei passeggeri più arrabbiati e increduli di come si sia potuta verificare una simile situazione. Per lui la salvezza è stata non tornare in camera, anche se le primissime indicazioni dicevano ai passeggeri di farlo. «Chi è tornato in cabina racconta è morto perché le tessere magnetiche vanno in blocco automatico di sicurezza». Dopo il momento dei piatti e bicchieri venuti giù Giuseppe ricorda «il volto del personale. Aveva uno sguardo di paura che mi ha fatto capire che non era solo mare mosso».
Due i momenti rimasti impressi a Giuseppe: quando è riuscito a salvare la ragazza che era con lui prendendola per una mano e lanciandola letteralmente sulla scialuppa e quando hanno cantato una ninna nanna a dei bambini di una famiglia spagnola, per fingere che la tragedia fosse soltanto un gioco. «Conosco persone conclude che hanno ancora gli occhi con lo sguardo nel vuoto. Io per lavoro mi sono dovuto riprendere presto, un mese dopo ero già a bordo di una nuova nave dove mi volevano far fare un'esercitazione. Gli ho detto che, se permettevano, l'avrei saltata dato che purtroppo il naufragio l'avevo vissuto sul serio».
Bianca Francavilla
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