L’America – come recita un famoso aforisma – mostra al mondo il suo futuro. Sempre, ovviamente, che abbiamo voglia di guardarlo. Gli scontri che stanno insanguinando e incendiando da alcuni giorni le principali città americane hanno trovato una scintilla micidiale nel gratuito omicidio razziale su cui le cronache continuano ancora ad indugiare. Ma quanti ce ne sono stati in questi anni!
Certo, non sono mancati, anche in passato, episodi di rivolte scaturite per la rabbia del «trattamento di sfavore» comminato ai cittadini di colore da buona parte delle forze dell’ordine. Ma si è trattato di episodi isolati. Niente di paragonabile alle sommosse urbane di questi giorni. Date per buone, anzi per ottime, tutte le spiegazioni di rito, c’è un dato che taglia corto ogni dibattito: 40 milioni di disoccupati. Se 40 milioni vi sembran pochi, provate voi a non lavorare.
A rendere ancora più drammatica la spirale tra disoccupazione e violenza che si sta innescando in questi giorni, c’è l’altro numero che – fino a ieri – ci aveva fatto bene sperare. I tremila miliardi stanziati dal Congresso Usa per fronteggiare lo tsunami Covid. I soldi, sulla carta, ci sono. E sono una cifra enorme, senza precedenti nemmeno all’epoca della Grande Crisi. Che cosa, allora, è venuto meno? Come è possibile che un intervento governativo di tale portata non riesca a contrastare l’onda montante della povertà e dello scontento sociale? La risposta brutale è: il tempo. Alla politica non mancano, oggi, le risorse. Manca il tempo.
La grande – enorme – differenza tra i cataclismi economici del passato e questo che stiamo attraversando sta tutta in questo fattore. L’accelerazione incontrollabile del tempo. Chiariamo. Non sto parlando soltanto del tempo rapidissimo con cui il baratro covid si è aperto nelle nostre vite. Una rapidità aggravata dal fatto che non c’era stato preavviso, precedente, predisposizione. La vera accelerazione non riguarda la specificità di questa crisi. Ma la natura della nostra vita, in quest’era della comunicazione totale. Le grandi calamità del passato – perfino quelle rivoluzionarie – si diffondevano e colpivano coi ritmi e i canali di sistemi sociali segmentati, in gran parte autoreferenziali, poco e male comunicanti tra di loro. La miseria e le diseguaglianze solo in parte, e comunque lentamente, entravano in uno stesso circuito. Oggi, tutta l’umanità vive in cortocircuito. Siamo tutti costantemente connessi. Always on. Per dirla con Floridi, onlife.
Ma a fronte di questa condizione di socialità accelerata e globalizzata, la politica continua a marciare col vecchio passo di lumaca. Il passo della sua burocrazia. Un po’ più efficiente in qualche fortunata enclave europea, molto meno dove – come in America – lo Stato è poco e male presente lì dove molto più acuto è il bisogno di un suo intervento. O come in Italia, che ha da sempre il suo tallone d’Achille nella elefantiaca lentezza del suo apparato amministrativo.
Lo abbiamo visto nel disastro annunciato dei ritardi degli approvvigionamenti di mascherine e ventilatori, mandando medici e infermieri al fronte letteralmente a mani nude. Lo stiamo rivedendo ora, con i tempi di erogazione dei sussidi che per milioni di famiglie significano poter portare un piatto in tavola. Ieri, su questo giornale, i dati della cassa integrazione denunciavano – a tre mesi dal decreto ‘Cura Italia’ – due milioni di lavoratori che ancora non avevano percepito un euro. E le file al banco dei pegni in tante strade di Napoli fotografano la disperazione di chi si separa dai ricordi per provare a sbarcare il presente. E se qualcuno vuole farsi illusioni sugli effetti miracolosi del salvagente europeo, dia uno sguardo al calendario impietoso di Fubini ieri sul Corriere. I soldi – se arriveranno – saranno erogati col contagocce. E solo a fronte di progetti e rendiconti in grado di dimostrare l’efficacia reale degli investimenti.
Come se non bastasse il pantano procedurale dei combinati disposti, ecco partiti e sindacati che mettono ben piantati i soliti paletti. Invece di assumersi la responsabilità di decisioni – e istruttorie – straordinarie, si nascondono dietro il paravento del garantismo giustizialista. La formula con cui ogni atto di spesa è sottoposto a un labirinto di controlli, per garantirsi dall’assunto suicida che ogni italiano – fino a prova contraria – è un mariuolo.
Il presidente Mattarella ha invitato – dal suo alto magistero – a fare insieme. E’ un consiglio prezioso. A condizione che serva anche – e soprattutto – a fare presto. Se chi siede nella cabina di regia ancora non riesce a capirlo, inquadrasse una televisione americana.
Aiuti in ritardo, benzina sulla rabbia
di Mauro Calise
Martedì 2 Giugno 2020, 23:00
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