L'esonero di Ancelotti, De Laurentiis
e i (tanti) nodi irrisolti del Napoli

L'esonero di Ancelotti, De Laurentiis e i (tanti) nodi irrisolti del Napoli
di Francesco De Luca
Martedì 10 Dicembre 2019, 23:30 - Ultimo agg. 11 Dicembre, 07:00
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Napoli agli ottavi di Champions League e Ancelotti a casa. Ritorno alla vittoria dopo 47 giorni, la tripletta di Milik che mette ko il Genk e restituisce il sorriso alla squadra, ratificando la qualificazione. È cambiata l’atmosfera e chissà se sulla squadra ha più inciso l’annunciata svolta in panchina o l’agevole ultimo passo verso il traguardo. Si sono riascoltati i cori al San Paolo, si sono rivisti tanti gol e convinti abbracci tra gli azzurri sotto gli sguardi di Ancelotti e De Laurentiis, mai così distanti. Complimenti a Milik, che vive i suoi giorni con la perenne voglia di riscattarsi dagli infortuni e dalle critiche e di respingere le insidie di celebri bomber: prima Icardi, ora Ibra. A Gattuso, che sta per arrivare, Arek lancia un messaggio forte e chiaro.
 
 

Si chiude in ampio anticipo la storia di Ancelotti a Napoli, un anno e mezzo prima della scadenza del contratto che De Laurentiis (rivisto ieri sorridente in tribuna: sembrava quasi si fosse tolto un peso) avrebbe prolungato a vita. «Voglio Carlo in panchina per dieci anni», parole pronunciate meno di due mesi fa, quando la crisi di risultati era peraltro già in atto. Mr. Champions non è riuscito ad essere valore aggiunto per la squadra e il secondo posto dello scorso campionato non è solo figlio del gran lavoro fatto da Sarri nelle stagioni precedenti ma anche dell’assenza di una valida concorrenza. Appena l’Inter è riemersa ed è migliorata la qualità di altre squadre (Lazio, Cagliari, Roma, Atalanta) gli azzurri sono scivolati fuori dalla zona coppe. Non solo per responsabilità di Ancelotti, sia chiaro. La scelta di De Laurentiis era apparsa in linea con quella della primavera 2013, quando Mazzarri chiuse il rapporto col Napoli e il presidente assunse Benitez, che aveva appena vinto l’Europa League col Chelsea.

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Due uomini dal ricchissimo palmares per sostituire coloro che avevano rifiutato di proseguire in un progetto, Mazzarri prima e Sarri poi. Ma c’è stata una differenza. Con Rafa è stato avviato un vero piano di rilancio e alcuni dei giocatori presi quando lui è arrivato - da Albiol a Mertens - sono stati anche nella rosa di Ancelotti, che ha soddisfatto la richiesta aziendale di far ruotare i calciatori ma gli investimenti non hanno prodotto risultati convincenti, escludendo la qualificazione agli ottavi di Champions League, la meritata coccarda per Carlo. Benitez lasciò dopo due anni, peraltro avendo già preso la decisione alla fine del primo campionato, con due trofei, Coppa Italia e Supercoppa. Ancelotti va via con i suoi rimpianti: non sembrano averne i tifosi che hanno assistito a rarissime buone partite, ieri la loro iniziale freddezza si è sciolta con la tripletta di Milik, la prima di un azzurro in Champions.

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La scorsa stagione era stata guardata da taluni osservatori con ottimismo perché considerata di transizione da Sarri ad Ancelotti. Ma sono rimaste irrisolte situazioni problematiche, non soltanto tecniche, perché è stato un errore cominciare questa annata senza avere sistemato le posizioni contrattuali di Mertens, Callejon, Zielinski, Milik e Allan. L’allenatore non è stato supportato da De Laurentiis, che ha indugiato su questi delicati argomenti. Eppure, già dalle prime giornate di campionato Ancelotti aveva sollecitato i rinnovi per il belga e lo spagnolo. Una ragione c’era ma non è stata colta dal presidente che forse pensava che potesse bastare il colpo ad effetto, appunto l’assunzione di Ancelotti, per avviare il nuovo ciclo. Il ritorno sulla terra è stato brusco: il Napoli deve recuperare già molto terreno in campionato. Si imporrà un cambio di strategia per il futuro. La piazza pulita sarebbe mossa isterica, la ristrutturazione invece opportuna. Il Napoli è oggi settimo in classifica, peggiori periodi sono stati vissuti nell’era De Laurentiis soltanto dopo il ritorno in serie A, quando la squadra arrivò ottava nel 2008 e dodicesima nel 2009. La società ha deciso il cambio in panchina per provare a fermare il pericoloso declino ma poi dovrà preparare un progetto chiaro tenendo conto che c’è il rischio di non partecipare alla Champions 2020-2021 e che i milioni da mettere in cassaforte saranno quelli di una o più importanti cessioni. Sono noti i meccanismi virtuosi del Napoli, però la ristrutturazione non deve corrispondere a un indebolimento.
 
 

Si riparte, intanto, con un allievo di Ancelotti, il 41enne Rino Gattuso, campione del mondo di grinta e allenatore capace, come dimostra la stagione e mezza vissuta al Milan, altra panchina calda. L’ex mediano ha il 4-3-3 come punto di riferimento (ne sarà lieto capitan Insigne, anche lui ragazzo del Sud, il primo azzurro da rimotivare dopo i problemi in parte creati da lui e in parte dal complesso rapporto con Ancelotti), però ha giocato anche con il trequartista e la difesa a tre. Nel girone di ritorno 2017-2018, dopo aver sostituito Montella, conquistò con 39 punti - meno solo di Juve e Napoli - il sesto posto. Nella scorsa stagione, a dispetto dei costanti problemi societari e di un divorzio annunciato, è arrivato quinto, a un punto dalla zona Champions. Gattuso non faticherà ad entrare in sintonia con l’ambiente perché ci vuole uno con il suo carattere per scacciare via una lunga onda di depressione che va dalla tifoseria alla squadra, apparsa comunque ieri più sorridente, con abbracci tra gli azzurri dopo i gol che erano stranamente scomparsi. Serviranno subito i risultati in campionato, con un passo più deciso per annullare il distacco di 8 punti dal quarto posto.

Il calabrese non è uno degli allenatori che il Napoli ha valutato in passato, però oggi è qui ed è pronto ad affrontare esami quotidiani, come ha fatto sempre nella sua vita, per garantirsi la permanenza a Napoli. I suoi metodi sono diversi da Ancelotti e dovrebbe rivedersi una squadra più aggressiva. Il Napoli deve anzitutto riproporre la sua forza tecnica, esibita in Europa e nascosta in campionato. Tocca a Gattuso e soprattutto ai giocatori perché l’ultimo alibi - quello di un allenatore che avrebbe creato instabilità con continue rotazioni e avrebbe fatto allenamenti blandi - è caduto in questa serata che ha rappresentato l’ultimo paradosso napoletano: gli azzurri agli ottavi Champions e l’allenatore che va via. E ora su il sipario per il nuovo atto.
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